Massimo Coltrinari. Grande Guerra. Mezzi di Guerra Psicologica II Parte

La Prima Parte è stata pubblicata il 9 gennaio 2019 e la terza parte sarà pubblicata il 29 gennaio 2019

  1. La Battaglia di CAPORETTO

    Dall’Isonzo al Piave 24 ottobre 9 novembre 1917

    TESI N. 30 GLI AVVENIMENTI

     

    1. Operazioni di guerra aeree, navali e di guerriglia

    Principali temi sfruttati, mezzi, fasi ed obiettivi dell’azione, esito finale.

     

    1. Avvenimenti politici ed economici

     

    Iniziative politiche ed economiche in Italia. Interventi dei Paesi Alleati . Rapporti.

     

    1. Aspetti particolari da parte italiana

     

    I N D I C E

     

     

    PARTE PRIMA

     

    1. AZIONI DI GUERRA PSICOLOGICA

     

    1. La guerra psicologica. Evoluzione storica
    2. La guerra psicologica durante la I Guerra Mondiale

     

    1. PRINCIPALI TEMI SFRUTTATI

     

    1. Generalità
    2. Il tema interventista
    3. Il tema neutralista

    (1) i Socialisti

    (2) i Cattolici

    (3) i Giolittiani

    1. I temi usati dagli Italiani verso gli Austro Ungarici
    2. I temi usati dagli Austro Ungarici verso gli Italiani
    3. I temi usati dagli Italiani verso il fronte interno e i propri combattenti

     

    1. MEZZI DI GUERRA PSICOLOGICA

     

    1. Generalità
    2. Mezzi di guerra psicologica: i volantini
    3. Mezzi di guerra psicologica: i giornali
    4. Mezzi di guerra psIcologica: le cartoline postali
    5. Mezzi di guerra psicologica: l’utilizzo dei prigionieri
    6. Mezzi di guerra psicologica: il denaro
    7. Mezzi di guerra psicologica: i mezzi particolari
    8. Mezzi di guerra psicologica: il sabotaggio e lo spionaggio

     

    1. FASI ED OBIETTIVI DELL’AZIONE

     

    1. Generalità
    2. Fasi ed obiettivi dell’azione: la rinuncia alle azioni di guerra psicologica 1915 ‑ 1917
    3. La propaganda contro la guerra: il pacifismo
    4. Fasi ed obiettivi dell’azione. Gli Austro Ungarici e Tedeschi
    5. Fasi ed obiettivi dell’azione. Caporetto dal 24 ottobre al 9 novembre: gli Italiani segue %
    1. ESITO FINALE

     

    1. Il combattente italiano senza sostegno nè morale nè psicologico
    2. La ritirata nel pensiero di Garibaldi
    3. A Caporetto si salvò l’Italia e a Vittorio Veneto la si affossò
    4. Dalla mancata rivoluzione socialista alla nascita del Fascismo e

    del Nazismo

     

    PARTE SECONDA

     

    1. AVVENIMENTI POLITICI

     

    1. AVVENIMENTI ECONOMICI

     

    1. INIZIATIVE POLITICHE IN ITALIA

     

    1. INIZIATIVE ECONOMICHE IN ITALIA

     

    1. INTERVENTI DEI PAESI ALLEATI

     

    1. 1 RAPPORTI FRA ALLEATI

     

    1. Generalità

     

     

    NOTE

     

    NOTA BIBLIOGRAFICA

     

    ELENCO ALLEGATI

     

    Operazioni di guerra terrestreAzioni di guerra psicologica

  2. MEZZI DI GUERRA PSICOLOGICA

 Generalità (Allegato ‘T”)

 

Per mezzi di guerra psicologica dobbiamo intendere qualsiasi cosa che possa rendere il nemico meno fiducioso in se stesso, nelle sue forze armate, nei suoi capi e nelle idee o valore per cui combatte e muore.

La guerra psicologica ha come mezzo principe la propaganda. La propaganda ha lo stesso scopo della guerra psicologica, cioè quello di contribuire e rendere più facile l’ottenimento della sconfitta del nemico sul campo di battaglia.

Mentre la guerra psicologica è condotta contro l’avversario, la propaganda è sviluppata su due versanti: quello verso il nemico e il suo fronte interno e quello verso la propria popolazione sia per rintuzzare analoga attività del nemico, sia per sorreggere, rafforzare e galvanizzare il proprio potere interno. I mezzi usati nella Prima Guerra Mondiale per azioni di guerra psicologica spesso si soprapponevano a campagne di propaganda.

I principali erano sostanzialmente due: i volantini ed i giorna­li. Nel secondo conflitto mondiale ai giornali si affiancò la radio; domani forse entrerà in scena l’immagine, di cui gli esempi della guerra vietnamita ne sono i podromi.

I mezzi della querrà psicologica sono vere e proprie armi che possono essere usate in campo tattico come in quello strategico. Ad esempio i volantini sono un’arma tattica, destinata a raggiungere un obiettivo immediato come la resa di un reparto o di un particolare gruppo di truppe nemiche. I giornali, invece, sono un’arma strategica, a lungo raggio, proveniente da una base lontana, tendente ad indebolire il morale del nemico e delle popolazioni nemiche del fronte interno e a rallentare o minare’ lo sforzo bellico.

Mentre i mezzi “tattici” (volantini, etc.) sono usati per lo più verso il nemico, quelli strategici hanno il doppio impiego: verso il nemico e verso le proprie popolazioni e le proprie truppe al fine di preservarle dall’azione psicologica del nemico . In Apd. 1 all’Allegato ‘T ” una copertina della Domenica del Corriere diretta a sostenere il morale dopo i fatti di Caporetto; in Apd. 2 all’Allegato ‘T” la prima pagina di un

 

 

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giornale dedicato alla solidarietà Franco Russa. I mezzi usati nel Primo Conflitto Mondiale sono stati innumerevoli e ne è difficile farne un elenco completo. Di seguito se ne analizzano i più importanti e si farà qualche cenno ai più fantasiosi e particolari.

 

  1. Mezzi di guerra psicologica: i volantini

 

Il principale mezzo di propaganda, e quindi di guerra psicologica

della I Guerra Mondiale, fu il volantino.

Di essi esiste una gamma infinita, nella quale gioca un ruolo

fondamentale la fantasia e la capacità di individuare le

vulnerabilità psicologiche dell’avversario.

Una attuale classificazione dei volantini li divide in base:

 

‑ al loro scopo, in:

 

persuasivi: allorchè perseguono lo scopo inducendo l’obiet­tivo‑uditorio al ragionamento;

 

informativi: allorchè lasciano al l ‘evidenza dei fatti il compito di influenzare l’uditorio;

 

direttivi: al 1 orchè chiedono 1 ‘.adempimento di un atto imponendone le modalità;

 

‑ alla preparazione, in:

 

standard: se sono preparati in previsione del verificarsi di

taluni eventi;   1

 

 

 

 

. speciali: se sono preparati al momento del verificarsi dell’evento.

 

Un particolare tipo di volantino è il salvacondotto che offre garanzie al soldato nemico che abbandoni la lotta. Esso, piu di ogni altro, deve possedere, nella forma e nel testo, il carattere di documento ufficiale. Adolfo Hitler, combattente in Francia ebbe a dire: “La persistente propaganda cominciò ad avere una reale influenza sui nostri soldati nel 1915. Il sentimento contro la Prussia crebbe notevolmente fra le truppe bavaresi …. In questa direzione la propaganda nemica cominciò ad ottenere notevoli successi a far tempo dal 1916‑”. Il Gen. Von Metsch, un’autorità nel campo, afferma “500.000 volantini (del peso di una tonnellata) può essere più efficace che

 

 

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un raid aereo con 100 ton. di esplosivo”.

La distribuzione dei volantini può essere effettuata in vario modo. Possono essere lanciati sopra il nemico con il mezzo aereo; durante i 1 Pri mo Conf 1 i tto Mondi al e si ri corse anche al 1 1 u so di pal 1 onci ni (Allegato ‘V’ ); oppure per mezzo di pattuglie notturne che lascia­no i volantini come “biglietti” da visita nei luoghi ove il nemico è solito raccoglierli; o per mezzo di agenti operanti a ridosso delle linee.

Nel 1915‑’18, si usò anche l’artiglieria. Il 15 luglio 1918, per la prima volta, i volantini furono lanciati usando un cannone da 75 dai francesi verso le linee tedesche.

Di grande rilievo, per questo aspetto, il volo di D’Annunzio su Vienna, che può essere considerato come un eccellente esempio di guerra psicologica (Allegato 9″ ).

In Allegato “I” emerge la rinnovata importanza attribuita dal Comandante Supremo italiano all’impiego del volantino, quale mezzo di guerra psicologia, nel territorio nemico, 1 marzo‑‑‑ maggio 1918.

 

  1. Mezzi di guerra psicologica: i giornali

 

Antonio Salandra scrisse “Senza i giornali l’intervento dell’Ita­lia, nel Primo Conflitto Mondiale, non sarebbe stato possibile”.

I giornali, al pari delle riviste, degli opuscoli, delle pubblica­zioni di opinione, condizionarono fortemente le decisioni finali.

Il ‘Torriere della Sera”, il “Secolo”, “Il Giornale d’Italia”, il ‘Testo del Carlino”, ‘, 11 Popolo d’Italia”, ‘Ta Stampa”, i i “Messaggero”, per citare i maggiori, più i giornali di provincia svolsero una martellante propaganda a favore dell’entrata in guer­ra. Si avvalsero dell’intellighenzia italiana del momento: Pareto, D’Annunzio, Gentile, ‘ Salvemini, Prezzolini, Soff i ci , Papi ni , Marinetti, Malaparte, Sahier, ecc..

Essi si scagliarono contro i socialisti, i neutralisti in genere bollandoli come i traditori della Patria. Essi risposero con i loro giornali, primo fra tutti l”Avanti” (Allegato “U).

I giornali di ispirazione interventistica, scoppiata la guerra, pubblicarono relazioni e corrispondenze dal fronte enfatiche. Gli articoli dei corrispondenti di guerra non descrivono la realtà della trincea, ma un mondo di guerra tra ideali, retorica e simbolismo patrio.

Fra i vertici politici e militari vi era diffusa la convinzione che la guerra sarebbe stata breve e rapida. Quindi anche i giornali si adattarono a questa linea. La conseguenza fu che il soldato in trincea fu abbandonato a se stesso. Le volte che riceveva un giornale vi leggeva descrizioni della guerra che combatteva irreali, assurde, spesso irritanti. Si può dire che nemmeno i

 

 

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giornali alimentavano ideologicamente il nostro combattente per assicurare il consenso ad una guerra che vista da vicino e vissuta dall’interno non piace più a nessuno nemmeno all ‘interventista ed al volontario.

I giornali, come mezzo di guerra psicologica, fino a Caporetto non furono mai usati in questa funzione.

Ben diverso il comportamento degli Austro‑Ungarici e dei Tedeschi.

I loro giornali sostennero sempre il loro combattente, svolgendo ampia azione di sostegno psicologico.

Accanto al giornale e giornalismo, cosidetto maggiore, rappresentato dalla grande stampa, durante il Primo Conflitto Mondiale si sviluppò quello che Oreste Cipriani definì il minuscolo giornalismo di guerra. Questo giornalismo era rappresentato dai vari giornalini che i Comandi pubblicarono per le truppe dipenden­ti.

Un giornalismo che fino a Caporetto era per lo più occasionale, goliardico, non coordinato, almeno da parte italiana. Questo sottolinea ancor più il fatto che il mezzo “giornale” dal punto di vista psicologico non fu minimamente impegato su vasta scala. Solo con Caporetto, analizzando le cause del disastro ci si accorse di questo grave errore e si dette il via ad una ben equilibrata e mirata azione (Allegato “W).

 

  1. Mezzi di guerra psicologica: le cartoline postali (Allegato ‘W’)

 

La cartolina postale era, ed è, efficace in quanto capillare e personale. Come ogni altro mezzo esso poteva essere usato sia contro il nemico che a sostegno delle truppe amiche.

Durante i primi anni di guerra i Comandi militari non si avvalsero delle cartoline postali’ quale mezzo di propaganda. Vi furono poche iniziative e queste poche furono prese dall’industria privata. In Apd. 1 all’Allegato ‘W’ due esempi di questa fase, uno dei quali, in un certo senso era audace per quel tempo.

Gli Austro Tedeschi furono più pronti ad usare questo mezzo. A differenza dell’Italia e fin dall’inizio del Conflitto, sia la Germania che l’Austria Ungheria diffusero cartoline in franchigia con frasi intese ad eccitare la combattività .

In Apd. 2 all’Allegato ‘W’ un esempio di una di queste cartoline che reca in sovrastampa due fra i più diffusi slogan “Gott Strafe England” (Dio punisce l’Inghilterra) e “Gottes fluch uber das trevlose italien!” (l’ira di Dio sulla traditrice Italia) ed un altro esempio di uso della cartolina postale in franchigia, con strofe di propaganda antiitaliana in dialetto veneto.

Evidentemente era destinata a reparti italiani con personale di origine veneta.

 

 

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Le cartoline postali era ‘ no utilizzate anche per il fronte interno. Tipiche quelle relative alla diffusione e sottoscrizione di prestiti bancari raffiguranti o momenti di azione militare oppure disegni generici (Alle’gato “0”).

Questo uso delle cartoline subì un notevole incremento dopo Caporetto, a sottlineare come la carenza di sostegno psicologico abbia inciso negativamente sugli eventi.

Erano indirizzate a sostenere il morale, oppure a controbattere la propaganda avversaria “a ricordare che si doveva riconquistare i paesi invasi” (Allegato “P”).

Da notare in questo contesto che si arrivò persino ad esempi di posta volante lanciata da aerei per notizie e incitamento alla popolazione dei territori invasi (Allegato “Q”).

Cartoline per tutta la guerra girarono con iscrizioni di frasi di persone celebri, canzoni, ecc. (Allegato “V).

Oltre a cartoline di carattere militare, circolarono quelle dirette al fronte interno, in linea generale contro’ la guerra e contro la pace. (Allegato “S”) oggetto di intervento delle Autorità.

 

  1. Mezzi di guerra psicologica: l’utilizzo dei prigionieri

 

Altro mezzo che fu usato a fini psicologici era l’utilizzo dei prigionieri .

Questo mezzo ebbe vari impieghi.

Ai prigionieri appena catturati veniva consegnata una cartolina postale da inviare a casa, con notizie confortanti e, incidental­mente, proiettando una immagine positiva del Paese emittente (Allegato “T”).

Su questo fatto l’Austria‑Ungheria innestò un’azione di guerra psicologica molto conìplessa. Rilasciava, di tanto in tanto, prigionieri che erano stati trattati in modo più che lusinghiero e consegnavano loro, al momento del rimpatrio, un libro, che si riporta integralmente in Allegato ‘V’.

L’analisi di questo testo è un buon esempio di penetrazione psicologica. Le fotografie ivi riportate danno una immagine di vita di prigionia quasi paradisiaca; allettante in ogni caso se paragonata alla vita nelle trincee. Sottilmente si suggerisce al’ soldato, o ai parenti del soldato, che avessero visto tale libro di decidersi a darsi priogionieri e por fine alle sofferenze del fronte per godersi una buona prigionia.

Gli Austro Ungarici si servirono inoltre del rilascio di prigionieri per svolgere una più capillare azione di penetrazione psicologica. Appositamente indottrinati, questi “prigionieri” barattavono il ritorno in patria in cambio della promessa di svolgere attività antiitaliana.

 

 

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Di questa attività ne fa fede la documentazione in Apd. 1 e 2 all’Allegato ‘Y’ in cui la Sezione R Servizio Informazioni del Comando Supremo (in data 31 dicembre 1917) si allinea a quanto già il Ministero dell’Interno stava facendo nel settore (Apd. 3 all ‘Allegato ‘Y’ ) .

L’Austria svolgeva presso i nostri prigionieri un’intensa propaganda antiitaliana, che era la premessa dell’azione di cui sopra (Apd. 4 all’Allegato ‘Y’).

 

  1. Mezzi di guerra psicologica: il denaro (Allegato “W)

 

Altro mezzo era l’invio nel Paese nemico di somme che sarebbero state messe a disposizione di coloro che, direttamente o indirettamente, erano favorevoli al Paese inviante.

Secondo dati del Ministero dell’Interno, a titolo di esempio, il Partito Socialista Tedesco avrebbe inviato forti somme di denaro ad esponenti italiani affinchè sostenessero la propaganda pacifista (Apd. 1 all’Allegato “W”).

Dalla Germania sarebbero arrivate, o per lo meno si sospettava che arrivassero, somme di denaro per il Vaticano e per esponenti cattolici a sostegno della loro azione (Apd. 2 all’Allegato “W).

Il finanziamento è quindi un mezzo di sostegno indiretto.

 

  1. Mezzi di guerra psicologica: particolari (Allegato “X”)

 

Un curioso mezzo di propaganda usata dagli Austriaci contro di noi, soprattutto nei giorni cruciali di Caporetto, fu quello di lanciare in mare bottiglie contenenti manifestini, che la corrente avrebbe provveduto a portare sulla spiaggia ove, si pensava, sarebbero state raccolte dalla pbpolazione.

Queste bottiglie, che arrivarono su tutte le coste dell’Adriatico e quindi anche nelle lontane Puglie, furono lanciate anche nel lago di Garda. In Apd. 1 all’Allegato “X” documenti inerenti al rinvenimento di tali messaggi da parte delle nostre Autorità.

I mezzi di propaganda furono molteplici e la fantasia non mancò. Ad esempio si distribuirono medaglie con l’effige del Re e dell’Imperatore di Germania a scopo anche di creare diffidenza fra gli alleati (Apd. 2 all’Allegato ‘W% oppure si combinò lo spirito religioso con la poesia per redarre un componimento contro la guerra ed invocare la pace. Si fa leva anche sulla superstizione e si impone di farne quattro copie da distribuire ad almeno 4 persone e copiarla per 9 giorni di seguito. In questo caso si avrà una fortuna, altrimenti una disgrazia (Apd. 3 all’Allegato “X”). Oppure si usavano le scatolette per fiammiferi (Apd. 4 all’Allegato ‘W’) per diffondere, fino alle prime linee, la propaganda socialista.

 

 

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Questo, tra 1 ‘altro suscitò 1 e i re del Popolo d’Italia che testimonia come queste scatolette fossero, seppure in regime di monopolio, molto diffuse tra i soldati.

 

  1. Mezzi di guerra psicologica: sabotaggio e spionaggio (Allegato “Y1

 

Non è di stretta attinenza parlare in questa sede del sabotaggio. Ma un cenno occorre farne per i risvolti di carattere psicologico che il sabotaggio stesso può avere presso i reparti combattenti e la popolazione civile.

In guerra l’azione del sabotatore, se riuscita, impressiona profon­damente la truppa o la popolazione che la subisce.

Ancora più efficace è la minaccia del sabotaggio che dà una impressione di efficacia, di potenza e grande capacità del nemico.

A titolo di esempio portiamo 5 documenti.

Il primo, del Ministero della Marina, che riporta un Ordine del Giorno del Comando in Capo del Dipartimento Marittimo e della Piazza Marittima di Venezia, nel quale si mette in guardia il personale e la popolazione dalle matite esplosive. Erano queste matite da block notes simili ad ogni altra matita, ma contenenti una piccola carica di esplosivo. Se temperata, tale matita esplodeva. (Apd. 1 all’Allegato “Y”)

Il secondo, del Ministero degli interni, relativo a cariche di esplosivo ad orologeria da utilizzare contro piroscafi, cariche che venivano definite “macchine infernali”. Avevano la forma di carne in scatola confezionata dai tedeschi, che doveva distruggere le scorte dei viveri di depositi ed equipaggi. (Apd. 2 all’Allegato

11y15 ) .

Il terzo del Comando Supremo (Ufficio Informazioni)in data 29 ottobre 1917, in cui si’dà notizia dell”Euforia Austro‑Tedesca in seguito ai favorevoli avvenimenti e si comunica che gli A.U. hanno in animo di attuare qualche colpo di mano in Italia, come un attentato alla polveriera di Mantova (Apd. 3 all’Allegato “Y”).

Il quarto, di fonte dell’Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Marina, in cui si dà notizia dell’uso di pani di legno dipinti in nero, esplosivi, da frammischiare a carbone per il rifornimento delle navi (Apd. 4 all’Allegato “Y”).

Inutile dire che contro lo spionaggio le Autorità presero ogni contromisura.

 

Esempi di mezzi di guerra psicologica se ne possono fare ancora ma quello che è stato presentato dà un quadro che riteniamo sufficiente­mente ampio per far comprendere come, in questo campo, non vi sono schemi predisposti: unica regola è quella di trovare un mezzo che colpisca ed incida la psiche dell’avversario, non importa quale.

 

 

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  1. FASI ED OBIETTIVI DELL’AZIONE

 

  1. Generalità

 

Il Governo italiano e le sue Amministrazioni erano impreparati a svolgere, con l’entrata in guerra, una efficace azione di guerra psicologica. Questo significò che gli italiani fino a Caporetto non svolsero a fondo azioni sistematiche di tale tipo di guerra. Questo fu giustificato dal fatto che in Italia, dato il tardo decollo industriale, si aveva una qualche reticenza ad usare mezzi poco conosciuti oppure guardati con diffidenza quali erano quelli della guerra psicologica.

Con la dichiarazione della neutralità gli opposti schieramenti guardarono con attenzione all’Italia, entrambi con motivazioni diverse. Il Governo italiano, con i suoi ricorsi a parole tipo “sano egoismo” ecc., aveva assunto una posizione, presso i Governi ed i popoli europei non chiara. La mancanza di una vera e propria propaganda all’estero efficace accentuò questo carattere negativo. (19)

Ancor meno si sviluppò alcuna azione di propaganda e di sostegno psicologico verso il popolo italiano. Il Governo considerava la propaganda come un male necessario. Il risultato fu che presso i popoli europei, sia alleati che nemici, e presso i Governi la posizione dell’Italia fu sempre di basso profilo ed attaccabile facilmente. Presso i nostri soldati e presso il popolo’italiano la guerra che si stava combattendo era vista come l’imposizione di una minoranza esaltata (interventisti) od una maggioranza neutralista e, per lo più, distaccata dalla problematica e dalle motivazioni della guerra.

Se il Governo era sd questa linea, ancor più il Comando Supremo si attesta su posizioni rigide, di chiusura.

Fino al 1917, ottobre ‑ novembre, il Comando Supremo non fece nulla affinchè la guerra e le sue ragioni divenissero popolari fra i soldati . Tale stato di cose si andò ad aggiungere al già esistente disagio dovuto al silenzio dei politici.

Solo nel settembre 1915, su sollecitazione di Barzilai, presidente della Associazione della Stampa Italiana, il Comando” Supremo ammise al fronte un ristretto numero di giornalisti ‑circa 18 ‑ di cui tre stranieri. Le loro corrispondenze erano, però, oggetto di una attenta censura.

Fino alla fine del 1915 non vi fu UfficioStampa se non nelle intenzioni di Ugo Ojetti, che aveva redatto un progetto in questo senso.

All’inizio del 1916, su pressioni esterne, Cadorna decise di istituire l’Ufficio Stampa vero e proprio, di cui Ojetti

 

 

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naturalmente ne divenne l’anima.

L’Ufficio Informazioni del Comando Supremo, per sua natura, era molto più sensibile alla problematica della guerra psicologica. Ad esempio si adoperò per contrastare la campagna propagandistica messa in atto dagli Jugoslavi contro le pretese italiane in Adriatico. Ma dati i mezzi di cui disponeva sia questa che altre azioni non ebbero quel respiro che avrebbe portato risultati concreti.

Espressione di questo orientamento di chiusura verso la guerra psicologica e le sue forme fu, fino a Caporetto, la stesura dei Bollettini del Comando Supremo.

Questi erano estremamente laconici e spesso, agli occhi dei combattenti, risultavano artefatti e retorici. Da essi non si riusciva a capire, nemmeno leggendo tra le righe, che cosa stesse realmente accadendo. Cadorna e gli altri Comandanti si trinceravano dietro l’ampio e fittizio scudo del “segreto militare” e non si preoccupavano mai di ragguagliare in qualche modo nè il Paese, nè tantomeno i combattenti di quello che stava accadendo.

Con queste premesse, si può adottare un approccio per descrivere le fasi e gli obiettivi dell’azione, da parte italiana, in due segmenti. Il primo, che va dalla dichiarazione dì guerra al 24 ottobre 1917 ed un secondo dal 24 ottobre 1917 al 9 novembre dello stesso anno.

Si potrebbe aggiungere che, dato che ha connotati e’ profili totalmente differenti, come la creazione del Sottosegretario per la propa§anda e per la stampa, nel Ministero Orlando, un altro segmento dal nov. 1917 alla vittoria, ia ciò esula dal nostro tema.

 

  1. Fasi ed obiettivi dell’azione: la rinuncia alle azioni di guerra psicologica 1915‑1917

 

Abbiamo intestato questo paragrafo come “rinuncia alle azioni di guerra psicologica” perchè fu questa la reale sostanza dell’atteggiamento voluto dall’Italia.

Il periodo che va dal maggio del 1915 all’ottobre del 1917, che abbiamo definito il primo segmento, è stato, pur nella presenza di numerosi tentativi, fallimentare. Errori erano stati fatti nel tentativo di rendere più “sentita” la guerra e più accetti i suoi scopi. Stimolato dalle critiche, Boselli decise di affidare la responsabilità della propaganda da uno dei Ministri senza portafo­glio. Si scelse Vittorio Scialoja (20), che aveva concreti precedenti. Il suo nome era legato all’attività dell'”Unione degli Inseganti italiani per la guerra nazionale”, una associazione che

 

 

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egli aveva fondata e diretta con successo. Questa Unione, a cui aderì quasi tutto il Corpo Insegnante italiano, aveva svolto già numerosi compiti affidatigli e dal Governo e da Enti Pubblici.

Ad esempio all’Unione era stata affidata la propaganda per i prestiti di guerra, la tutela degli orfani di guerra, la confezione degli indumenti di lana per i combattenti, l’apertura di scuole negli ospedali militari, l’istituzione di corsi di lezione sulla guerra nelle scuole medie nonchè il patronato intellettuale a favore degli studenti e degli insegnanti prigionieri.

Lo scopo era semplice: sostenere il morale della popolazione ed illustrare la guerra in tutti i suoi aspetti.

L’Unione svolse opera di generale persuasione, di conforto e di consiglio rivolta soprattutto alle classi umili. Analoga azione al] ‘interno su svolta dalla Società “Dante Alighieri” ma con il compito precipuo di svolgere azione di propaganda all’estero.

Da annoverare, in questo campo, le varie missioni di propaganda all’estero (Scialoja in Russia, Scipione Borghese ancora in Russia, Giuseppe Antonio Borghese in Francia, il Principe di Udine negli Stati Uniti, ancora Borghese e Paternò in Svizzera, Romeo Gallenga Stuart in Inghilterra, ecc.).

Il tentativo di Scialoja non fu sufficiente ad avere una azione penetrante ed unificata.

Che questa azione fosse insufficiente lo dimostra il fatto che, sotto l’incalzare della propaganda pacifista, si sentì di affidare, nell ‘agosto 1917, la propaganda interna al deputato repáblicano Ubaldo Comandini. Ma nonostante tutto si potè constatare che fino a Caporetto i fondi messi a disposizone erano pochi e scarsi, sicuramente insufficienti. Tecniche e contenuti rimasero per mesi e mesi invariati e, nel 1917, ad un leggero miglioramento quantitativo corrisposè, in un certo qual senso, un peggioramento nella qualità dovuto alla sempre più intransigente azione dei nazionalisti e degli irredenti.

La mancanza di strutture ben definite e di uno staff di collaboratori adeguato, inoltre, attuò una azione di propaganda frammentaria e disorganica.

Questo fece sì che si finanziassero tutte le iniziative e che non si controllasse adeguatamente la bontà delle medesime e la loro opportunità. In molti casi si ottenenero solo effetti controprodu­centi. Il risultato di quanto esposto sopra fu che nonostante le varie iniziative, l’azione di guerra psicologica e, in particolare, la propaganda, sia diretta verso l’interno sia diretta verso l’esterno, fu insufficiente, mal condotta ed inefficace.

Quanto sopra ha un valore generalizzante.

Un esempio si può fare per i giornali. Oltre alla grande stampa nazionale, si ebbero un buon numero di giornali per il combattente.

 

 

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Essi avevano lo scopo di sostenere il soldato, presentandogli la propria realtà.

Il primo giornale di trincea fu “Il Trentino” edito e diretto dal Ten. Anacleto FRANCINI dell’840 Fanteria; si ebbero poi il “Cecco Beppe”, “la Scarica” giornale umoristico, ‘Ta Gazzetta di Monte Crostis” portavoce di una batteria da 75 attestata sul monte omonimo, “Il ricordevole” pubblicato dal P Btg. del 600 Fanteria (attestato in Val Cordevole), la ‘Tifa” per gli alpini operanti a ridosso del Pal Grande, “Teli e tende” (32″ Fanteria), “La bomba a … penna” 031’ Fanteria).

‘Ta vittoria” e “La buffa” sono i soli due giornali a stampa tipografica.

Il primo è redatto dal Battaglione Morbegno Pesce quando gli pare, prezzo secondo i casi, estero alleato doppio prezzo, estero neutro metà prezzo, estero avversario gratuitamente”). Si propone una vittoria duplice: una grande “la redenzione delle città sorelle” ed una piccola “sopra noi stessi; per essere ‘disciplinati, calmi e pazienti”.

Il secondo, ‘Ta buffa”, è un “giornale di guerra e di fanteria” curato dal Caporale Aldo De Bernardi. “Non si vende ma si compra a prezzo di affezione”. I contenuti sono improntati a qualche frizzo goliardico, caricature, “sfottY ad amici e nemici, grande spirito di corpo e di reparto.

Fino a Caporetto i giornali furono prevalentemente artigianali, scritti fra il rancio ed una fucilata, ingenui, destinati ad un pubblico numericamente limitato.

Essi quindi non riescono a svolgere una efficace azione di guerra psicologica. Dopo Caporetto i fogli ed i giornali, vecchi e nuovi, sono più sofisticati, psicologicamente “calibrati”, tecnicamente ricercati, sono voluti strenuamente dal Comando Supremo, si avvalgono di tecnici e di esperti.

Questa differenziazione dimostra quanto prima del ’17 sia stata trascurata questa azione di guerra psicologica.

Altri esempi possono essere, ma non sono tali da portare nuovi segni al quadro sopra disegnato.

La sconfitta di Caporetto, disastrosa, umiliante per una classe dirigente che aveva voluto la guerra con tracotanza e sicumera, nella convinzione che l’esercito italiano, dai tecnici considerato scarsamente preparato ed armato, fosse in grado di dare il colpo di grazia all’Esercito A.U. già duramente provato sugli altri fronti. Azioni di guerra psicologica non ne vengono svolte a largo raggio, tutto è lasciato alla iniziativa del singolo e dei singoli Comandanti. Il risultato fu, concorrente ad altri errori, che non si fornì al soldato, al combattente, una ragione e per combattere e per morire. Solo dopo Caporetto il Comandg Supremo ed il Vertice

 

 

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Politico si convinse che al combattente occorreva non solo il pane e le munizioni, ma anche un cibo spirituale ed intellettuale che illustrasse i motivi ideali per i quali si sacrifica.

 

  1. La propaganda contro la guerra. Il pacifismo

 

Oltre a non svolgere efficaci azioni di sostegno psicologico al proprio combattente e presso la propria popolazione, l’Italia, o meglio i responsabili italiani non svolsero azioni efficaci per impedire una azione di propaganda contro la guerra che si stava combattendo e contro la guerra in generale.

Dal paese montava tutta una marea di parole ed azioni che convincevano sempre più chi combatteva che stava dalla parte sbagliata.

Innumerevoli sono gli esempi in cui non si pose, con mano f erma, limitazioni alle azioni contro la guerra e che rilevano un costante rifiuto di essa. Progetti anarchici’ per ‑ un movimento rivoluzionario; donne che protestano contro la partenza dei soldati per la fronte, eccitate anche dai soldati venuti in licenza, scioperi ancora di donne addette a stabilimenti militari e ad industrie private organizzate dai partiti contrari alla guerra; manifesti fatti circolare a mezzo posta contro la guerra e a favore della pace ed inneggianti alla rivoluzione sociale, richiami alla Comune di Parigi e al 500 anniversario della medesima; violenze ed atti di insofferenza contro chi, come le maestre, faveva propaganda a favore della guerra; insofferenza e rancori spesso incontrollati alla notizia della morte o del ferimento di qualche congiunto che eccitano la pubblica opinione.

Dimostrazioni contro le commissioni incaricate di procedere alla requisizione di cereali e viveri per il Governo; diffusione delle attività del I e conferenze socialiste internazionali(Zimmervald, Kienthel) fino alle prime linee; circolazione, a mezzo posta, di poesie e rime di carattere religioso, ecc..

Anche cantanti e uomini teatro non si lasciarono sfuggire l’occasione per cantare contro la guerra. Un esempio per tutti Petrolini,a Roma, in una famosa caratterizzazione cantava ‘, 11 General Cadorna scrisse alla Regina, se vuoi vedere Trieste compra una cartolina”. Ed il pubblico si dilungava in fragorosi applausi.

In Allegato “AV’ un elenco di documenti che testimoniano questa propaganda. Si può dedurre che tutti i partiti o le correnti di pensiero che erano contrari alla guerra svolsero una azione per porre fine, a qualunque costo, alla guerra.

Tutta questa azione si aggiunse alla mancanza di azione di sostegno psicologico del combattente. Una azione negativa che aggravò senza dubbio la situazione dei nostri soldati, soli di fronte a sè stessi.

 

 

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Questa propaganda tendeva a fare sì che la guerra cessasse. Con Caporetto si verificavano tutte quelle condizioni perseguite dalla propaganda.

Condizioni che avrebbero portato alla rivoluzione, invocata da più parti del fronte non interventista.

Nel momento in cui si dovette scegliere e fare il grande balzo, non si ebbe il coraggio e si fece prevalere l’Amor di Patria, quella Patria che, nella propaganda, tutti condannavano.

L’esito finale di questa propaganda fu Caporetto, ma Caporetto significò tutt’altra cosa che quello che la propaganda si riprometteva di ottenere.

 

  1. Fasi ed obiettivi dell’azione. Gli Austro‑Ungarici e Tedeschi

 

Fin dai primi mesi di guerra gli AU e i Tedeschi usarono i mezzi di guerra psicologica in modo adeguato.

Essi stamparono a Berlino, in modo eccellen’te, il “Corriere della Guerra” in Italiano che diffusero a piene mani fra le truppe italiane. (Allegato “Bl”)

Appena scoppiata la guerra organizzarono speciali squadriglie di fiducia, dipendenti direttamente dal Comando Supremo.

Queste squadriglie si mettevano in contatto con le nostre prime linee, adescavano, o i sol atamente o collettivamente, i nostri soldati, usando tre mezzi di propaganda:

 

‑ i giornali o la carta stampata;

 

‑ 1 a parol a;

 

‑ la promessa.di denard a chi disertasse.

 

Questa squadriglie si chiamavano Nachrichtentrupp.

La loro attività si esplicò con la redazione di cartelloni, numeri unici, o settimanali, giornalinì volanti, volantini.

Questi ultimi erano destinati o alle truppe o alle popolazioni del Veneto e della Venezia Giulia.

Le squadriglie, spesso, parafrasavano i giornali italiani’ manipolandoli a proprio vantaggio e rinviandoli alle linee italiane.

Si ebbe una vasta fioritura di giornalini austriaci, in lingua italiana i cui titoli sono molto significativi.

Questi giornali sono “L’Eco d’Oltre Piave”, “L’Eco di Oltre sponda”, “L’amico”, Ml gazzettino del soldato”, “Il giornale della trincea”, “L’attualità”, “La novità del giorno”, “La cronaca dei sottomarini”, “Sprazzi di luce”, “Il corriere di trincea”,

 

 

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“L’indipendente”, “La gazzetta del Veneto”. (Allegato “CV’)

 

  1. Fasi ed obiettivi del 1 ‘azione. Caporetto: dal 24 ottobre al 9 novembre: gli italiani

 

Lo sfondamento austrotedesco fu causato da molti fattori (Allegato ‘M”) che vengono analizzati in altre tesi.

Questa carenza, questa debolezza nella conduzione della guerra, portò anche a commettere errori gravissimi che incisero negativamente e sul combattente e sull’immagine dell’Italia.

Il Comando Supremo, lungi dal riconoscere le proprie responsabilità, additò alla pubblica opinione interna ed internazionale unicamente, come causa della sconfitta, il comporta­mento dei soldati.

Il 28 ottobre, quando ormai il disastro si era rilevato in tutta la sua enormità, il Generale Cadorna emanò il noto bollettino, dove si attribuiva la sfondamento del fronte a ‘1a mancata resistenza dei reparti della II‑ Armata, vilmente ritiratisi senza combattere o ignominosamente arresisi al nemico”.

Il testo del documento (Allegato “El fu successivamente modificato su ordine del Governo, il tono venne attenuato e la causa della sconfitta attribuita oltre che a “la deficiente resistenza di TALUNI reparti della II‑ Armata” anche a ‘1a violenza dell’attacco nemico”.

La modifica non giunse in tempo per essere diffusa all’es * tero. Il

Comando Supremo, con inusitata sollecitudine aveva già fatto

diffondere il proprio bollettino.

L’Impressione sia all’estero che in Italia, fu disastrosa. Si constatò che il Bollettino di Cadorna era più duro nei nostri confonti di quelli Austriaci e Tedeschi. Questo infelice comunicato, che pure trova una giustificazione nel desiderio di allontanare da sè le responsabilità della disfatta, sottolinea ancor più efficacemente quanta poca importanza si desse alle azioni di guerra psicologica; con il Comunicato del 28 ottobre si arrivò al culmine di tanta sprovvedutezza, arrivando a fare azioni di guerra psicologica a rovescio, contro se stessi. (Allegato “FV’)

Caporetto ebbe, se non altro, il merito di mostrare, anche con questo macroscopico esempio negativo, tutta la vacuità dell’organizzazione italiana di guerra psicologica.

Gli Austro‑Ungarici naturalmente ne approfittarono ampiamente.

Altro elemento negativo da rilevare durante la ritirata di Caporetto, fu l’azione psicologica condotta dai giornali.

L’analisi delle prime pagine della grande e piccola stampa, dei titoli e degli articoli di fondo, rileva come la pubblica opinione non riuscisse a capire, anche leggendo tra le righe, che cosa stes­

 

 

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se realmente succedendo.

In Allegato “Gl” i titoli di prima pagina dell “Ordine ‑ Corriere Adriatico” che si stampava ad Ancona, dal 24 ottobre 1917 al 19 novembre 1917.

Aveva quattro edizioni al giorno. Nelle quattro edizioni giornaliere il lettore non viene minimamente informato di quelle che succede: si deve affidare alla propria fantasia, ai “si dice” dei suoi conoscenti ed amici, ma ancor più grave è estremamente sensibile, in questa sua ansia di notizie, alle notizie provenienti anche dal nemico.

Il Corriere Adriatico‑Ordine come la maggior parte dei giornali italiani mercoledì 24 ottobre dava ampio spazio alla crisi politica in atto.

Solo nell’edizione della Sera si dà in forma dubitativa, e con poco risalto, la notizia che il nemico forse aveva sferrato un’offensiva.

Giovedì 25 ottobre notizie ancora vaghe. Venerdì 26 si fa intendere che qualche cosa non va con il titolo ‘Taccogliamo le nostre forze nelle posizioni migliori”. Sabato 27, nell’Edizione del Mattino, un titolo a tutta pagina: “L’offensiva austro‑ungarica sul fronte nostro. L’Altipiano della Bainzizza sgomberato. 1 nemici puntano su Cividale”. Un titolo che deve essere stato uno shock per il lettore italiano.

La Bainzizza nel maggio‑giugno precedente era costata migliaia di morti; ora in poche ore, era sgomberata. Il Comunicato del Comando Supremo viene riportato in tutta evidenza. Già si parla di prova suprema.

Le edizioni cambiano di continuo. Domenica 28 ottobre, stesse.notizie del giorno prima. Nell’Edizione della Sera si riporta il Comunicato del Comando Supremo, di cui già si è parlato. Le notizie dal fronte sono frammentarie ed imprecise, tutte costruite per non allarmare più di tanto il lettore.

Lunedì 29 ottobre si parl,a di Fronte Unico con gli Alleati, e di difesa strenua allo sbocco delle valli, e di sforzi valorosi delle nostre truppe.

Le notizie della crisi di governo sono date con minore risalto.

Martedì 30 ottobre, nell’Edizione della Sera, notizie riguardanti le belle azioni della Cavalleria a Pozzuolo del Friuli e quelle riguardanti l’arrivo delle divisioni francesi ed inglesi.

Un titolo significativo: “Giorni amari, cuori saldi” (firmato:­Fiducia).

Mercoledì 31 ottobre ancora risalto all’azione della Cavalleria ed ancora un titolo significativo: ‘Ta meraviglia dei nemici per la resistenza interna del Paese”.

Giovedì 1 novembre nell’Edizione della Sera un titolo a tutta pagina: ‘T’Esercito si è disposto sul Tagliamento”. Ciò stava a significare, per il lettore, che in sette giorni si è perso quanto si era conquistato in due anni di guerra.

 

 

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Un altro titolo “L’Esercito è sempre in grado di difendere il paese” che mette in evidenza come la situazione sia critica.

Venerdì 2 novembre si rasenta anche il ridicolo: ‘Ta rapida e magnifica manovra del nostro esercito e il problema per il nemico creato dalla collaborazione franco‑inglese”.

Il Comunicato del Comando Supremo (Duello di artiglierie attraverso il Tagliamento) fa intendere che anche questa linea non è tanto efficace. Sabato 3 novembre, mentre si assicura che tutto è calmo nella fronte cadorina, si dà rilievo al fatto che il fronte francese è diventato comune con quello italiano. Gli altri titoli fanno ancora intendere che la linea del Tagliamento non è stabile.

Domenica 4 novembre un trafiletto è emblematico: ‘Ta mirabile calma di Venezia”.

Nel 1 ‘Edi zi one del Pomeri ggi o, a caratteri evi denti , si pubbl i ca i 1 testo del ‘Tando dei disertori”. Significativo, in quanto si inizia a pensare che l’Esercito o una parte di esso, come ha detto Cadorna con il Comunicato del 28 ottobre, non abbia fatto tutto il suo dovere. Il testo del Bando è duro, inequivocabile. Si dà inoltre notizia dell’arrivo di truppe francesi accolte con entusiasmo dalla popolazione.

Nella realtà questo non era del tutto vero, come dimostra la nota in Allegato “HY.

La popolazione vedeva con l’arrivo di queste truppe il prolungarsi della guerra e la continuazione dei sacrifici.

Lunedì 5 novembre titoli riempitivi e si richiamano gli italiani alla “grave prova suprema dell’Italia”.

Nell’Edizione del Pomeriggio scompare il Bando contro i disertori.

Martedì 6 novembre le edizioni riportano ancora titoli non significativi, mentre un cenno all’azione dei Granatieri a S. Vito al Tagliamento induce i più attenti a pensare che la linea del Tagliamento non stia tenendo.

Mercoledì 7 novembre, nell ‘Edizione della Sera, un titolo che preannuncia brutte notizie: “Il nostro ripiegamento verso la Livenza”. Lo si conferma il giorno dopo con un altro titolo “Ordinato il ripiegamento sul Livenza”. Quindi il nemico aveva passato il Tagliamento ed ancora marciava verso ovest senza che lo si potesse arrestare.

Venerdì 9 novembre ampio spazio si dedica al convegno di Rapallo, con risalto al ruolo di Cadorna.In sordina viene comunicato che il nuovo Capo di Stato Maggiore è Armando Diaz.

Nell’Edizione del Pomeriggio un articolo riporta la situazione in Russia, ove i Sqviet hanno preso il potere.

Sabato 10 novembre ancora non si parla del fatto che il nostro Esercito è al Piave. Di questo non si fa cenno nemmeno nelle Edizione di Domenica Il novembre. Si riportano, però, il proclama del Re agli

 

 

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Ital i ani . E ‘ la scintilla che fa accendere il fuoco della resistenza che porterà alla vittoria un anno dopo.

Durante tutta la 12‑ . battaglia il Giornale Ordine ‑ Corriere Adriatico, diede al lettore solo notizie superficiali, non complete, non certo rispondenti all’evolversi della situazione.

Questo fu un grave errore di guerra psicologica, in quanto poneva il lettore stesso nella necessità di voler sapere di più, di conoscere come realmente era la situazione; questo desiderio del lettore espone il lettore stesso all’azione psicologica dell ‘avversario il quale dava nei suoi comunicati la sua versione degli avvenimenti.

L’errore viene evidenziato dal fatto che già il primo comunicato Diaz è più prolisso e più ampio. Le notizie dal fronte sono un po più incisive e precise.

Il soldato e, in genere, il Popolo italiano erano quindi scarsamente informati. Ciò fu efficacemente sfruttato dagli Austro‑Ungarici e dai Tedeschi.

 

  1. Fasi ed obiettivi dell’azione. Caporetto: dal 24 ottobre al 9 novembre. Gli Austro‑Ungarici

 

Le nostre truppe in ritirata, le popolazioni a ridosso della fronte e il resto della nazione si videro piovere addosso, nei modi che vedremo, volantini e manifesti che descrivevano nei minimi particolari la situazione. Erano notizie di fonte nefflica, ma precise e rispondenti al vero che si confrontavano con quelle pubblicate dai giornali. Avevano un pregio: erano più dettagliate.

I volantini con le notizie erano stampati in vario modo, ma tutti avevano lo stesso testo.

In Allegato “IV’ i testi dei manifestini riguardanti i giorni di fine ottobre ed inizi novembre. In uno si danno precise indicazioni su dove l’offensiva Austrotedesca si è sviluppata. Si parla di 10.000 prigionierì e dell’annientamente delle Brigate Friuli, Genova, Etna, Caltanisetta, Alessandria, Taro, Spezia e di parecchi battaglioni alpini.

In altri manifestini si sottolinea come la 2^ Armata sia in pieno sfacelo. Il numero dei prigionieri è di oltre 60.000 nei primi due’ giorni (24 e 25 ottobre). Altri nomi di Brigate distrutte (Foggia,

Elba, Pescara, Roma) vengono indicati.

Sottolinea come in due giorni si sia perso il terreno conquistato in due anni di lotta;

Nel terzo manifesto si sfrutta a pieno il Comunicato Cadorna del 28 ottobre; è facile per gli Austriaci fare guerra psicologica con questo comunicato in mano. Nel contempo si danno indicazioni sull’avanzata delle forze austriache. Si sottolinea ancora una vol­

 

 

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ta che i querrafondai italiani (Sonnino, Cadorna , ecc.) ‘hanno portato alla rovina il popolo italiano. In cinque giorni non solo si è perso quello che si era guadagnato precedentemente, ma ora si perderà anche parte del territorio nazionale. Era il risultato nefasto di non aver accettato le offerte di pace e degli Imperi Centrali e quelle del Papa. In questo manifestino si può cogliere il fatto che le parole di Benedetto XV pur se ispirate ad alti fini, erano abilmente sfruttate dagli Austro‑Tedeschi.

Nel quarto manifestino si fa cenno alle azioni di Cavalleria e si sottolinea che l’Esercito Imperiale è al Tagliamento e che due pezzi della provincia di Udine sono in mano nemica. Ancora vengono presi di

mira Salandra, Sonnino e d’Annunzio come i massimi responsabili delle sventure italiane. Il numero dei prigionieri è di 120.000 e quello dei cannoni 1300 (metà di tutta l’artiglieria della Fronte Giulia).

Nel quinto manifestino si dà notizia dell’occupazione di Cividale e di Gorizia, mentre Udine sta per essere investita. Le notizie sono precise e facilmente riscontrabili.

Un sesto manifesto riferisce della situazione il 31 ottobre. Si parla di 180.000 prigionieri e 1600 cannoni e si fa cenno al fiacco aiuto degli al 1 eati .

Si raffrontino questi manifestini riportati in Allegato “W’ con i titoli del giornale Ordine ‑ Corriere Adriatico. Si può vedere un chiaro esempio di come si è condotta la guerra psicologica nel periodo 24 ottobre ‑ 9 novembre, cioè durante la battaglia di Caporetto. E’ un frammento, nel contesto generale, ma rivela come da parte italiana si sia fatto fronte all’emergenza in modo molto superficiale, in linea con quanto era stato fatto in questo campo fino ad allora.

Da parte austriaca invece si attuò un’azione coerente ed efficace, avente come obiettivo lo sfruttamento della favorevole situazione militare e che tendeva a,demoralizzare ulteriormente gli Italiani e costringerli a chiedere una pace separata.

Questa azione non fu limitata solo nei giorni della battaglia, ma durò anche nei giorni successivi mirante a screditare i Governanti italiani e a sottolineare l’ínutilità dello sforzo bellico e dei sacrifici.

I mezzi utilizzati furono tutti quelli disponibili. Dal mezzo aereo, che lanciava tali manifestini sulle colonne in ritirata aumentandone il panico, a quelli più o meno usuali come i palloncini e le bottiglie in mare. (In Allegato ‘M” un esempio di utilizzo di questi mezzi. Furono raccolti in provincia di Reggio Emilia, Verona, sul Lago di Garda e Bari).

L’azione di lancio per mezzo aereo ebbe un più vasto raggio.

Fin dove tale raggio permetteva di arrivare, i manifestini furono lanciati. L’area interessata fu principalmente la costa adriatica dalla Romagna alle Puglie.

In Allegato “MI” esempi di come le nostre Autorità furono attive nel

 

 

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far prontamente scomparire tali manifestini. Le date sono estremamente significative: dal 1 novembre al 9 novembre.

Anche dopo l’assestamento sul Piave il lancio di tali manifestini continuò.

Gli effetti di questi manifestini furono vanificati. Nell’inviare a Roma un manifesto raccolto, il Prefetto di Rimini aggiunge sul testo del manifesto un “Viva 1 ‘Italia” e, a mò di glossa due frasi: “Tutte bugie per la Russia” e “presto diverranno bugie anche dell ‘Italia” (Apd. 1 all ‘Allegato ‘%l”). La diffusione è stata grande ed estesa. A dicembre i manifestini vengono ritrovati in provincia di Arezzo e in provincia di Bari (Apd. 2 all’Allegato ‘%l’% ciò rileva come ogni regione italiana sia stata interessata.

Risulta che i manifestini giravano tra la popolazione. Vennero spediti per posta, ed incappavano nella censura, dando origine ad inchieste (Apd. 3 all ‘Allegato M11. Giravano anche fra i soldati, che se li passavano di mano in mano e li distribuivano anche alla popolazione civile (Esempio in Apd. 4 all ‘Allegato 91″ dell’inchiesta condotta dal Servizio Informazioni in datall nov. 1917, riguardante manifesti in possesso di soldati diretti al fronte nell’area di Ravenna).

Con il varificarsi della Rivoluzione Russa, i temi dei volantini si ampiano e si articolano. Si pone in risalto il fatto che la Russia è uscita dalla guerra e per i russi le tribolazioni sono finite (Apd. 5 all’Allegato ‘%l”). Anche in questo caso gli aeroplani nemici agirono sulle coste adriatiche. Questa attività durò per il mese di novembre e dicembre e trattava sostanzial­mente due aspetti: situazione alla fronte e notizie della Rivoluzione Russa (Apd. 6 all’Allegato 91″).

In sintesi 1 ‘azione, delgi AU nella battaglia di Caporetto fu efficace e fu condotta con tutti i mezzi disponibili. L’azione di guerra psicologica doveva dare dei frutti più avanti, quanto il popolo italiano, passato il momento del pericolo, chiese un rendiconto ai responsabili di tanto disastro.

Ancora oggi i temi austriaci di propaganda (perchè una guerra di conquista? Perchè una conduzione della guerra così dura e drastica? Perchè tanti inutili sacrifici?) sono le domande che­ci si pone.

La Commissione di Inchiesta iniziò questa analisi delle responsabilità. E’ evidente che gli Austro Tedeschi, sfruttando il successo militare, lo ampliarono in modo tale da arrivare non solo al Tagliamento, ma al Piave e sperarono di arrivare a Venezia (Allegato “011. E’ indubbio che all’ampliamento di questo successo abbiano concorso le azioni di guerra psicologica, che sicuramente hanno inciso sul comportamento del

 

 

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personale di rincalzo e quello addetto ai servizi nonchè quello di 1^ linea. Il 24 ottobre ed il 25 già una massa di sbandati si riversava verso la pianura, impedendo l’afflusso di riserve.

Nella battaglia di Caporetto gli Austro Tedeschi usarono efficacemente l’arma psicologica, sfruttando le debolezze degli italiani in campo morale, armonizzandole con gli obiettivi operativi.