Massimo Coltrinari. Grande Guerra. Mezzi di Guerra Psicologica III Parte

La Prima Parte è stata pubblicata in data 9 gennaio, la II Parte in data 19 gennaio 2019 la IV parte sarà pubblicata in data 9 febbraio 2019

La Battaglia di CAPORETTO

Dall’Isonzo al Piave 24 ottobre 9 novembre 1917

TESI N. 30 GLI AVVENIMENTI

  1. Operazioni di guerra terrestre
  2. Operazioni di guerra aeree, navali e di guerriglia
  3. Azioni di guerra psicologica

Principali temi sfruttati, mezzi, fasi ed obiettivi dell’azione, esito finale.

  1. Avvenimenti politici ed economici

 

Iniziative politiche ed economiche in Italia. Interventi dei Paesi Alleati . Rapporti.

 

  1. Aspetti particolari da parte italiana

 

 

I N D I C E

 

 

PARTE PRIMA

 

  1. AZIONI DI GUERRA PSICOLOGICA

 

  1. La guerra psicologica. Evoluzione storica
  2. La guerra psicologica durante la I Guerra Mondiale

 

  1. PRINCIPALI TEMI SFRUTTATI

 

  1. Generalità
  2. Il tema interventista
  3. Il tema neutralista

(1) i Socialisti

(2) i Cattolici

(3) i Giolittiani

  1. I temi usati dagli Italiani verso gli Austro Ungarici
  2. I temi usati dagli Austro Ungarici verso gli Italiani
  3. I temi usati dagli Italiani verso il fronte interno e i propri combattenti

 

  1. MEZZI DI GUERRA PSICOLOGICA

 

  1. Generalità
  2. Mezzi di guerra psicologica: i volantini
  3. Mezzi di guerra psicologica: i giornali
  4. Mezzi di guerra psIcologica: le cartoline postali
  5. Mezzi di guerra psicologica: l’utilizzo dei prigionieri
  6. Mezzi di guerra psicologica: il denaro
  7. Mezzi di guerra psicologica: i mezzi particolari
  8. Mezzi di guerra psicologica: il sabotaggio e lo spionaggio

 

  1. FASI ED OBIETTIVI DELL’AZIONE

 

  1. Generalità
  2. Fasi ed obiettivi dell’azione: la rinuncia alle azioni di guerra psicologica 1915 ‑ 1917
  3. La propaganda contro la guerra: il pacifismo
  4. Fasi ed obiettivi dell’azione. Gli Austro Ungarici e Tedeschi
  5. Fasi ed obiettivi dell’azione. Caporetto dal 24 ottobre al 9 novembre: gli Italiani segue %

 

 

I I

 

segue I N D I C E

 

 

 

 

 

  1. ESITO FINALE

 

  1. Il combattente italiano senza sostegno nè morale nè psicologico
  2. La ritirata nel pensiero di Garibaldi
  3. A Caporetto si salvò l’Italia e a Vittorio Veneto la si affossò
  4. Dalla mancata rivoluzione socialista alla nascita del Fascismo e

del Nazismo

 

 

PARTE SECONDA

 

  1. AVVENIMENTI POLITICI

 

  1. AVVENIMENTI ECONOMICI

 

  1. INIZIATIVE POLITICHE IN ITALIA

 

  1. INIZIATIVE ECONOMICHE IN ITALIA

 

  1. INTERVENTI DEI PAESI ALLEATI

 

  1. 1 RAPPORTI FRA ALLEATI

 

  1. Generalità

NOTE

NOTA BIBLIOGRAFICA

ELENCO ALLEGATI

 

  1. ESITO FINALE

 Il combattente Italiano senza sostegno nè morale nè psicologico

L’azione di guerra psicologica del nemico ebbe un rilievo negli eventi di Caporetto.

Essa aveva buon gioco ad esplicarsi e ad incidere sugli avvenimenti in quanto nell’ottobre del 1917 sia l’Esercito che il Paese erano stanchi della guerra.

La battaglia per la conquista della Bainzizza nell’estate precedente, era stata presentata come l’ultima offensiva, l’ultimo sforzo da fare per raggiungere se non la vittoria, almeno quelle posizioni che avrebbero permesso di costringere l’Austria a richiedere o una tregua o un arministizio.

L’esito di tale battaglia, fece sì che molti rimasero delusi, sfiduciati, demoralizzati. Aveva buon gioco la propaganda pacifista. La guerra era stata imposta da un minoranza, dagli imperialisti e dagli industriali. Cresceva il rancore verso tutto e tutti; la popolazione, e quindi l’Esercito, non era più disposta a subirla. Si constatava che vi era sproporzione tra i sacrifici fatti ed i risultati ottenuti.

Vi era sporporzione ‘tra le promesse fatte e quelle mantenute; si vedeva che esisteva una scandalosa stonatura tra gli orrori della vita al fronte e la spensieratezza della vita all’interno del Paese.

Il combattente, osservando quanto stava accadendo nel settembre ‑ ottobre 1917 attorno a lui fu preso dal terribile dubbio che tutto quanto stesse facendo fosse inutile; che ogni atto, anche di valore, non avesse senso, che, in ultima analisi, fosse luí” il più stupido di tutti.

Con questo stato d’animo egli era esposto sia all’azione psicologica dell’avversario sia alla propaganda che arrivava dal resto del Paese.

I socialisti, o meglio coloro che erano contrari alla guerra evidenziarono la inutilità dei sacrifici che si andavano compiendo. E questa attività culminò con i moti di Torino nell’agosto del 1917.

 

 

‑ 32 ‑

 

Contemporaneamente alle violente manifestazioni di piazza, arrivarono le parole del Papa CCessi l’inutile strage”) e per un esercito di contadini ‑soldati queste erano parole di enorme peso. Ad esse si aggiunsero le parole del Treves PNon più un altro inverno in trincea).

L’azione psicologica disgregatrice fu efficace anche perchè erano morti gli Ufficiali della prima ondata, quelli di carriera e quelli di complemento, moralmente impegnati a ben combattere e, all’occorenza, bene a morire.

‑Nella tarda estate del ’17 i soldati erano guidati da subalterni giovanissimi, fabbricati in un mese sui banchi di scuola, mandati in fretta al fronte senza nessuna esperienza e di guerra e di uomini, senza prestigio sui soldati, senza fermezza di fronte al pericolo.

Non vi fu sostegno morale e psicologico da parte italiana. I soldati erano abbandonati a loro stessi. AvevanoVidea di essere sempre al principio della guerra, di non vederne mai la possibilità della fine; il nemico, invisibile, era sempre abbarbicato sopra di lui, in posizioni difficili da conquistare: il soldato viveva ormai senza più la speranza di uscire da quell’inferno. Non solo non vi era sostegno morale e psicologico, ma la gerarchia militare usava un trattamento e morale e materiale estremamente duro, quasi inumano (21).

In questo quadro la politica del Governo Bose‑Ili risulta quanto mai fiacca ed inerte; una politica che è minata dalla frattura tra potere politico e potere militare. Le quattro lettere che Cadorna scrisse al Governo e rimaste senza risposta, sono emblematiche.

Cadorna dimostrò di essersi reso conto che la resistenza psicologica delle truppe era al limite. Constatava che il combattente non poteva reggere in questa situazione.

Ma le sue sollecitazioni a vagliare meglio la situazione caddero nel vuoto.

Inviò espressamente i Colonnelli Testa e Calcagno presso i Corpi di Armata IV, VII, XXVII e XXIV, per vedere di approfondire la situazione, ma i loro rapporti furono improntati a tranquilla certezza.

Non completamente soddisfatto, Cadorna si recò personalmente, il 22 ottobre presso i quartieri dei Generali Cavaciocchini e Badoglio che però gli confermavano, sotto il punto di vista morale, le convinzioni già più volte espresse. I sott’ordini non fecero presenti le difficoltà morali in cui il combattente si muoveva al Comandante Supremo. Cadorna ebbe delle intuizioni, ma non ebbe la possibilità di concretizzarle e prendere dei provvedimenti.

 

 

‑ 33 ‑

 

Il fatto che i sottordini non fecero presente la situazione è molto significativo. Con Cadorna non si scherzava e per un niente si era si 1 urati .

Il Comando ed i Comandanti avevano attuato un’azione presso le truppe combattenti di basso profilo. Essi ebbero scarsa cura dei soldati, pensando poco ai bisogni materiali e morali dei soldati stessi.

I superiori consideravano i soldati come strumenti della propria carriera, dei puntelli per uscire nel miglior modo dalla guerra.

A questi difetti di comando occorre aggiungere altre deficienze come:

 

‑ distribuire male il lavoro ed il sacrificio fra le varie Unità, non studiando ed attuando ragionevoli turni di trincea;

 

‑ sfruttare fino alla disperazione le migliori Brigate, di graduare onorificenze, premi, indennità in ragione inversa del rischio e del meri to;

 

‑ inasprire i soldati con le negate licenze, anche se dovute e promesse:

 

‑ offendere il senso di giustizia dei soldati con ricche decimazioni che colpivano equalmente cattivi soldati e soldati valorosi, feriti, decorati;

 

‑ praticare la disciplina come qualcosa di assoluto, rispondente a norme fisse in vista diunsoldato ideale,‑cioè inesistente.

 

Alla resa dei conti, sotto il profilo psicologico verso il soldato, da parte dei superiori, non c’era sollecitudine, non accordato riposo, non amministrata giustizia.‑,

Si attuava, di mese in mese, un logorio morale della massa dell’Esercito, specialmente delle fanterie.

Queste erano le più tormentate, le più bistrattate e le più trascurate sotto il profilo morale, quando erano, per il loro impiego ed impegno, le più bisognose di aiuto e sostegno.

Essere in fanteria, per i Comandi, significava essere nello scalino più basso della considerazione.

Il morale, l’aspetto psicologico dell’Esercito, specchio del Paese, mostrava profonde crepe e dominava la stanchezza e la depressione. Questa la situazione alla vigilia di Caporetto.

Se gli Austriaci non avessero attaccato e sfondato questa situazione poteva anche tenere. Se gli Alleati, soprattutto i francesi, avessero accordato l’aiuto necessario per l’ultimo balzo verso Lubiana accordando le 26 Divisioni che poi erano disposti a mandare in Italia quanto gli Austro Tedeschi dilagarono in pianura, questa situazione

 

 

‑ 34 ‑

 

psicologica non avrebbe inciso sul corso degli avvenimenti. Ma la Storia non si fa con i se e nel momento in cui si determinò un rovescio di limitate, seppur gravi, proporzioni questi fattori concorsero a renderlo di proprozioni inusitate.

Le ragioni del ri pi egamento al Piave non sono di natura psicologica. L’Esercito italiano fu battuto sul campo di battaglia. Ma durante una guerra si può ipotizzare anche il fatto di perdere una battaglia. L’importante è vincere l’ultima.

La battaglia persa tra Plezzo e Talmino si trasformò in “Caporetto” per gli effetti psicologici negativi che si erano coagulati nelle nostre fila.

Inefficace e assurda rinuncia a perseguire azioni di guerra psicologica a sostegno delle proprie truppe; scarsa azione nei confronti dell’avversario (e lo dimostra il numero delle diserzioni dalle file dell’Esercito AU e Tedesco nei mesi di dicembre 1917, gennaio, febbraio e marzo 1918: appena oltre le trecento unità.

In Allegato “Pl” il grafico di tali diserzioni.~

Propaganda perseguita a ruota libera fino alle prime linee; azione non controbattuta nei confronti dei cattolici, lasciando liberamente parlare indirettamente anche i cappellani militari per una pace separata; altri fattori concomitanti e un sistema di Comando rigido e spesso ottuso, ottenenero un solo risultato: quello di far abbandonare le posizioni a combattenti ed addetti ai servizi nel momento in cui,per azione del nemico, la situazione era così in crisi che solo una energica reazione morale e psicologica avrebbe permesso di superarla e reagire positivamente.

Invece i nostri soldati fuggirono non davanti al nemico, ma ritornarono “verso casa” perchè non avevano nessuna ragione di rimanere nè nessuna forza morale che li sosteneva.

 

  1. La ritirata nel pensiero di Garibaldi

 

Le azioni di guerra psicologica da parte del nemico, ma ancor più della propaganda disfattista e contraria alla guerra che giungevano fino al fronte, in un primo momento furono quelle che si portarono a giustificazione della rotta di Caporetto. Il Comunicato Cadorna del 28 ottobre ne fa fede. Alcuni reparti cedettero le armi per debolezza morale. Si avvalorava la tesi dello sciopero militare. Per questo sciopero concorsero vari fattori.

U’indagine da parte di un carabiniere negli ambienti anarchici di Milano, riportata dalle Autorità competenti al Comando Supremo in data 12 novembre, fotografa molto accuratamente quello che fu il risultato delle azioni di guerra psicologica. E’. un sunto di quanto si è detto fino ad ora. Vi sono tutti gli elementi di quanto Austro Ungarici, Partiti contrari alla guerra, debole azione del Governo,

 

 

‑ 35 ‑

 

avevano riassunto nella psiche del soldato italiano (Apd. 1 all’Allegato “QP’).

Un altro documento (Apd. 2 all’Allegato “Ql”) dimostra come in zona di guerra la propaganda era divenuta capillare. Le date sono significative. Primi di novembre 1917. A tanto sfacelo, già si ha una reazione da parte di chi non accetta la sconfitta. Una lettera anonima al Ministro dell’Interno, fra tante implicazioni, accusa elementi antipatriottici e venduti al nemico la causa di tanto sfacelo (Apd. 3 all’Allegato “Ql”)

Sono tre esempi che focalizzano come le cause morali ebbero un rilievo non certo di secondo piano nelle vicende di Caporetto. Ogni uomo, di fronte agli eventi reagì secondo i suoi personali intendimenti.

Ne fa fede l’eroico comportamento della Brigata Verona, come è descritto da un protagonista (Allegato ‘T11. Una narrazione di quello che furono gli inizi della prigionia per molti italiani, ben diversa da come era stata descritta dalla propaganda.

Durante la rotta si verificarono quindi episodi dolorosi, pietosi e vergognosi. Le truppe che venivano mandate in linea sia con autocarri che con marce forzate fendono la folla degli sbandati e dei profughi.

E’ significativo, in questa circostanza il giudizio di Giuseppe Garibaldi espresso a proposito della disordinata ritirata di alcune truppe francesi a Lenternay il 27 novembre 1870; ma che vale per ogni circostanza come quella di Caporetto: “In certi casì bisogna agire con l’animale uomo come si agisce con l’animale bue. Rompe, lasciatelo rompere e correre a sua voglia. Guai a voi se commetterete l’imprudenza di attraversargli la via! Egli vi rovescerà cavalli e cavalieri come accadde a me a Velletri nel 1849 ove salvai la pelld nera di contusioni per miracolo.Rompe! Lasciatelo rompere, fuggire e contentatevi di tenervi su di un fianco e alla coda: egli troverà un’ostacolo ma non te ne incaricare. Lo fermerà *un fiume, una montagna, la fame, la sete ~d una paura più prossima e maggiore di quella che lo fece fuggire. Allora è tempo; riordina, come puoi, gli animali uomini, procura di trovare per loro da mangiare, da bere e del riposo e quando saranno satolli, riposati e rialzati di morale, essi si ricorderanno di una vergognosa fuga, di dovere‑calpestato e di gloria”. (22)

Questa analisi di Garibaldi sembra calzante con gli avvenimenti di Caporetto. E proprio nel momento in cui ci si accorse che era troppo grande il disastro, si ritornò a fare il proprio dovere.

Ma l’esito finale dell’azione psicologica che concorse a determinare gli eventi di Caporetto, non si concluse al Piave. Per oltre 5 lustri le ripercussioni che esse ebbero influenzarono le vicende della nostra Nazione.

 

 

i

 

 

 

‑ 36 ‑

 

  1. A Caporetto si salvò l’Italia e a Vittorio Veneto la si affossò.

 

Abbiamo voluto usare una frase di Prezzolini per titolare il capitolo conclusivo di questa parte..

Avremmo potuto anche titolarlo “A caporetto nasce il Fascismo”, fascismo che durerà in Italia fino al 1943 nelle sue forme esteriori e dopo nei suoi riflessi psicologici.

Dopo le due settimane in cui si perse quello che si perse, il soldato, vedendo ritornare il tedesco, capì che occorreva fermarsi e resistere.

Immediatamente la classe dirigente, sia politica che militare, che aveva voluto la guerra capì che al soldato gli si doveva dare una ragione per combattere e per morire. (Allegato “SP’)

E siccome il nostro esercito era composto da contadini‑combattenti, quale migliore ragione se non la promessa della terra tanto invocata nelle manifestazioni sia recenti che lontane, sia al Nord che al Sud. Ma si fece di più. Il fante immediatamente ricevette cure sia materiali che morali: vitto più abbondante, turni rispettati di licenza e riposo, spettacoli e relax nelle retrovie, ecc. Contemporaneamente si iniziò a parlare un linguaggio efficace: si prometteva , se si riusciva a conseguire la Vittoria, un’Italia nuova, più giusta, più democratica. profondamente rispettosa dei diritti di tutti i cittadini. Si faceva, d’ora in avanti la guerra, per tutti, affinchè tutti potessero poi godere dei frutti della Vi ttori a.

“La libertà di domani e la disciplina di oggi” ‑ si sostenva.

Si trasformò il rapporto Ufficiale ‑ soldato da coercitivo e

rigido, ad uno umanizzato e democratico, alimentando psicologica­

mente e moralmente    il combattente dandogli una ragione per

combattere.          1

Prima di Caporetto si aveva una massa di soldati che combattono non per la propria terra, per la propria nazione, ma per gli interessi di una minoranza estranea ai loro interessi, massa tenuta insieme con disciplina disumana. Questo non era un esercito, ma un gregge che fugge e si sparpaglia al primo serio urto. Ed infatti, dopo 10 battaglie, alla prima ‘offensiva austriaca esso si sparpagliò e fuggì. Appena però si fece intendere che si doveva combattere per un’Italia migliore, che la guerra era la premessa per una evoluzione democratica della vita sociale dell’Italia, allora si accese nel combattente la fede nel futuro.

Ed è, se possiamo dirlo con Prezzolini, il miracolo di Caporetto. Si combatte, dopo la fuga, per un qualcosa che è di tutti. Il povero, piccolo fante comprende, si abbarbica al Piave, si difende con quello che ha, versando fiumi di sangue. E poi si scaglia all’attacco e travolge “quello che fu uno dei più potenti eserciti

 

 

‑ 39 ‑

 

Caporetto, sia per i vinti che per i vincitori, non fu una semplice battaglia. Per le azioni di guerra psicologica in essa impiegate, si innescarono processi che non si esaurirono nel ciclo operativo, ma che ebbero conseguenze nei venticinque anni della storia dei popoli italiano, austriaco e tedesco.

 

 

‑ 38 ‑

 

negli anni seguenti . Con la propaganda e 1 ‘azione psicologica avevano creato le premesse per la rivoluzione. Ora che gli eventi erano favorevoli non osarono. Avrebbero trovato disposti anche gli Austriaci che con la loro propaganda insistevano per una pace dignitosa (23).

Il pericolo corso nelle due settimane fece aprire gli occchi agli oppositori del Socialismo.

Da una parte iniziarono una azione di guerra psicologica a sostegno del combattente, ancora basata sul miglioramento materiale e promesse per un domani migliore. Dall ‘altro, il pericolo che i Socialisti (operai e contadini) rappresentavano e che non avevano colto l’occasione per prendere il potere con Caporetto, fece intendere che il sistema parlamentare doveva meglio essere controllato.

Caporetto fu una frustata, secondo quando scrive De Felice (24), a tutto il Paese. Sotto tale frustata il carro italiano fu strappato di un col po dal f ango ove af f ondava e bal zo i n avanti . Tutti i cavalli contribuirono a fargli fare questo balzo (interventisti, neutralisti, socialisti, cattolici, ecc.) ma ognuno tirava verso un angolo diverso. Il carro fu tirato fuori dal fango e risalì la cima. Poi quando la piaga della frustata non bruciò più, non resse a un tiro così contrastante ed incominciò a sfasciarsi. La guerra italiana si decise sul Piave, ma Caporetto decise il dopoguerra. La crisi di Caporetto segnò, per la mancata iniziativa rivoluzionaria dei socialisti, la vittoria del nazionalismo, per cui l”ònta” di Caporetto doveva essere lavata con l’affermazione della “potenza” italiana sui nemici interni ed esterni. E’ la nascita, con il concomitante evolversi di Mussolini, del fascismo inteso come idea, come movimento, fascismo che si imporrà nel 1922 legalmente e nel 1925 con le leggi speciàli.

Psicologicamente fu scavata la breccia negli italiani che occorreva “resistere”, “vincere ad ogni costo”. Sul Piave si doveva salvare 1 ‘Ital i a.

E’ lo stesso tema di guerra psicologica che dominerà nella Seconda Guerra Mondiale. Si entrerà in guerra con un motto dominante “Vincere”. Un ultimo dato occorrre notare: le truppe tedesche che dalla Baviera e dalla Germania affluivano in Slovenia per prepararsi e preparare l’offensiva contro gli italiani, furono accolte dalle popolazioni austriache con estrema simpatia e cordialità. Al passaggio delle truppe applausi e fiori ai soldati tedeschi. E’ il primo esempio di come i popoli tedeschi, uniti, combattano i nemici.

Questo fatto sarà uno dei temi principali della propaganda del III Reich e di Goebbels in particolare, propaganda che sarà messa in atto durante la crisi del ’37‑’38 per l’annessione dell’Austria al Reich.

 

 

‑ 37 ‑

 

del mondo”.

Vittorio Veneto è il traguardo raggiunto, il futuro che doveva divenire presente. I combattenti ritornano a casa con la speranza. Ma ancora per anni l’Italia sarà quella “dei signori “. E per difendere questa Italia che tutto sommato ci portò a Vittorio Veneto si dovette inventare quello che fu il movimento fascista. Un movimento che a parole riprese i temi lanciati durante 1 ‘ultimo anno di guerra, nella realtà preservò 1 ‘Italia dei signori . Ma perchè il fascismo ebbe modo di muovere i suoi primi passi con Caporetto e poi svilupparsi ed evolversi nei 25 anni successivi? I socialisti, contrari alla guerra, per due anni, come abbiamo visto, misero in piedi una propaganda contro la guerra, contro gli interventisti, contro il sistema, contro il Re e quello che rappresentava. Per due anni sostenevano che occorreva cambaire completamente registro. Con l’attacco del 24 ottobre si realizzavano le condizioni ottimali, quelle che l’azione psicologica dei socialisti andavano cercándo da tanti mesi. L’Esercito sembrava in completo sfacimento, una ricca regione italiana era andata perduta, VIénezia era minacciata. Se gli AU avessero attaccato dalle Giudicarie, anche Milano sarebbe stata minacciata. Contemporaneamente 1 ‘Italia era senza governo, con il nauf ragio del Governo Bosel 1 i . GI i i nterventi sti erano i n pi ena cri si , presi dal 1 ‘angosci a di aver provocato, con 1 a dichi arazi one di guerra, tanto sfacelo e tanta rovina. Significativo che il Senatore L. Franchetti sostenitore e collaboratore di Sonnino, si suicidò per non sopravvivere a tanta rovina; lo stesso Bissolati meditò a fondo di suicidarsi.

Il 7 novembre 1917, dopo una visita al fronte, comunicò ad Orlando che tutto era perduto.

  1. Dalla mancata rivoluzi6ne soci.alista alla nascita del Fascismo e del Nazismo

 

L’azione di propaganda aveva ingigantito e dilatato un rovescio militare. Ora in quelle due settimane si realizzavano i pochi momenti in cui in Italia era possibile un moto rivoluzionario convogliando tutti i risentimenti contro gli avversari dei socialisti.

Dopo tante sollecitazioni era il momento ideale per portare la stoccata a fondo contro lo Stato. Era stato convocato il congresso socialista il l’, 2, 3 e 4 novembre (Allegato “Tl”)che si sarebbe potuto trasformare in guida nazionale rivoluzionaria.

Non era più possibile rimanere neutrali: o si dichiarava la propria adesione alla guerra e si facevano le conseguenti azioni, oppure ci si opponeva seriamente, ed allora si organizzava la rivoluzione.

Questo dilemma fu per i socialisti la scelta che ebbe conseguenze

 

 

P A R T E II