1918. Offensiva Michel: la battaglia definitiva della Grande Guerra per i Tedeschi. Documenti

Il 10 marzo il maresciallo Hindenburg emanava l’ordine per l’attacco.

“S.M. l’Imperatore ordina:

1°. L’offensiva Michel (1) avrà inizio il 21 marzo. Lo scatto delle fanterie avverrà alle ore 8,40.

2°. Il Gruppo agli ordini del Kronprinz di Baviera aggirerà dapprima gli inglesi nel saliente di Cambrai raggiungendo a Nord dell’Omignon la linea Croisilies, Bapaume, Péronne confluenza dell’Omignon con la Somme. Se la destra (17a Armata) può avanzare essa deve estendere il proprio movimenta al di là di Croisilies. Obiettivo del Gruppo: marciare su Arras-Albert, appog­giare la sinistra alla Somme, verso Péronne, e gravitando sulla sua destra, scuotere il fronte inglese sulla fronte della 6a Armata, liberando così il maggior numero di forze tedesche dalla guerra di posizione, portandole in avanti. In, questo caso le divisioni dislocate dietro la 6a e la 4a Armata debbono celer­mente serrare in avanti.

  1. Il Gruppo del Kronpriz imperiale, a Sud dell’Omignon raggiungerà prima di tutto la Somme ed il canale Crozat. La 18a Armata si impossesserà con decisione dei passaggi su questi corsi d’acqua. Essa si terrà poi in misura di estendere la propria destra fino a Péronne. Il Gruppo provvederà a rinfor­zare la sinistra di questa armata con divlsi6ni della 7a, 1a e 3a Armata.

4.° La 2 a Divisione della Guardia, la 26a Divisione e la 12a Divisione, restano a disposizione del Comando Supremo

5.° 11 Comando Supremo si riserva di dare inizio alle operazioni Mars. e Archange (2) a seconda dell’andamento dell’offensiva. Frattanto si conti­nuino alacremente i preparativi».

In base a tali disposizioni, il Kronprinz di Baviera dava gli ordini seguenti:

1.- Le divisioni destinate all’azione Mars a Nord della Scarpe saranno. tenute pronte per sfruttare senza indugio i risultati dell’offensiva Michel per travolgere il fronte a Nord di Croisilles. L’artiglieria sarà celermente riunita in previsione della estensione dell’offensiva verso Nord.

2.° Fra Scarpe e La Bassée 4 Divisioni si terranno pronte per opporsi e ricacciare qualsiasi azione controffensiva inglese in questo settore.

3.° Per poter estendere verso Nord lo sfruttamento della offensiva Michel le divisioni di riserva delle Armate 6aa e 4a le artiglierie e le bombarde cedute dalla 2a Armata saranno subito avviate verso questo settore. Altre divisioni prese alle Armate 6a e 4a in seguito alla minore occupazione della fronte si accoderanno. La destra della 17a Armata si sforzerà allora di impadronirsi della Cresta di Vini), attaccandola da Sud Est.

La 6.a armata coopererà con la sinistra a Sud del Canale della Bassée o con altra operazione favorevole.

L’ala Nord della 6a Armata e la 4a devono inseguire eventualmente il nemico o trattenere le sue forze».

Il Kronprinz di Germania a sua volta prescriveva:

«La 18a Armata travolgerà con la sua destra le posizioni nemiche fra Omignon e Oise, si spingerà fino alla Somme e si impossesserà, in previsione di altre operazioni, dei passaggi su questo

(1) Nome convenzionale assegnato all’operazione tra Arras e La Fère.

(2) Nome convenzionale assegnato per le offensive studiate sul fronte Arras, Notre Dame de Lorette e per quella a Sud dell’Oise.

 

 

 

 

fiume da San Crist tino a Tergnier.

Numerose unità di riserva seguiranno l’ala destra. Loro compito sarà di prolungare l’attacco della 18a Armata e di attaccare di fianco e di rovescio nella direzione Tertry-Péronne le forze nemiche che ancora resistessero di fronte alla 2a Armata.

Riuscito l’attacco l’Armata dovrà estendere la sua ala destra fino a Péronne.

Compito delle Armate 7a, 1a, e 3a è quello di coprire il fianco sinistro durante l’offensiva. Sulle loro posizioni esse dovranno respingere gli attacchi avversari. E’ vietato qualsiasi ripiegamento. Queste Armate debbono poi tener pronte abbondanti riserve per farle affluire alla 18a armata, ovvero inviarle nei settori più minacciati.

Se l’avversario ripiega dietro l’Oise è compito della 7a Armata di inseguirlo senza esitazione»

 

In conclusione I’ offensiva tedesca tendeva essenzialmente a distruggere I’ esercito inglese e mirava a rigettare la destra inglese in direzione di Péronne effettuando lo sforzo principale immediatamente a Sud di Arras, ad impadronirsi di Arras e della Créte de Vimy, spostando la battaglia verso Nord, estendendola fino a La Bassée e, se possibile, fino al mare.

La prima offensiva tedesca.

Pochi giorni prima del 21 marzo le divisioni di attacco furono portate nella zona di operazioni con movimenti effettuati o di notte o all’alba, qualcuna per ferrovia, la maggior parte per via ordinaria; quelle di prima linea raggiunsero il loro posto la notte precedente l’attacco, quelle di seconda linea mossero all’alba per avvicinarsi alle posizioni antistanti. Il 21 mattino le tre Armate erano pronte, schierate ciascuna su tre linee:

la 17a aveva 9, 6, 2 Divisioni rispettivamente in 1a 2a e 3a linea; la 2a ne aveva 9, 5 e 4 e la 18a: 12, 8 e 4.

Allorquando, dopo un bombardamento di 4 ore e mezza, la fanteria tedesca, verso le 9, si gettò all’attacco, le armate francesi ed inglesi, su un complessivo di 157 Divisioni, ne avevano 57 in riserva, di cui 39 francesi e 18 britanniche.

L’urto delle tre Armate tedesche venne a cadere (da nord verso sud) sulle Armate britanniche 3a e 5a, rispettivamente agli ordini dei Gen. Byng e Gough, schierate a settentrione ed a mezzodì della strada Péronne – Cambrai. L’Armata Byng aveva 8 Divisioni in linea e 7 in riserva, la Gough forte di 14 Divisioni di fanteria e 3 di cavalleria aveva 3 Divisioni di fanteria e 3 di cavalleria in riserva.

La battaglia fu svolta dai tedeschi in tre fasi: nella 1° il Comando tedesco sperò di conseguire la rottura del fronte in direzione di Doullens e della bassa Somme. Nell’azione, la 17a Armata (von Below) incontrò resistenza accanita per parte della 3a Armata inglese; la 2a e la 18a riuscirono invece fin dal primo giorno a raggiungere la seconda posizione inglese, costringendo il 22 marzo la 5a Armata a raccogliersi ad ovest di S. Quintino. La separazione delle forze inglesi da quelle francesi era così un fatto compiuto. Invano il 23 e il 24 le Divisioni francesi, passata l’Oise tentarono di sostenersi al canale Crozat e poscia sulle alture fra Chauny e Guiscard. Le Divisioni del von Marwitz e del von Hutierr inseguendo gl’inglesi, oramai, in ritirata, riuscirono a passare la Somme fra Pèronne e S. Simon.

Il 25 i resti dell’Armata Gough si portarono verso nord: i francesi minacciati sulla sinistra dovettero rinunciare a difendere Noyon: Chaulnes fu occupato: il vuoto era fatto in direzione di Roye-Mondtidier.

Frattanto, poiché l’Armata von Below aveva subito nei suoi attacchi gravi perdite senza conseguire risultati considerevoli, il Comando Supremo tedesco, decise di sfruttare il successo là dove esso si mostrava imponente: rinunciò quindi ad operare per il nord delle Somme e volle agire nel settore più debole per il nemico, a sud cioè di questo fiume, avendo come obbiettivo Amiens. In questo modo la vasta concezione iniziale veniva però in parte mutilata, senza contare che delle 75 Divisioni destinate all’attacco, 68 erano già entrate in linea.

Dal 26 marzo al 5 aprile si svolse la 2° fase, nella quale l’Armata v. Marwitz fu spinta lungo la direttrice Pèronne-Amiens e quella v. Hutier ad ovest della trasversale Chaulnes-Roye-Noyon.

Per affrettare lo sgombro di Amiens dalle ultime riserve inglesi il Comando tedesco ordinò che la 17a Armata estendesse la fronte di attacco a nord della Scarpe. Il 26 e il 27 il v. Hutier sorpassato Roye, giungeva con le sue avanguardie a Montdidier.

Il 28 mentre il v. Below tentava, invano, l’attacco a nord della Scarpe, il v. Hutier accentuava la sua pressione verso l’Avre. Ma, fra Montdidier e l’Oise, egli incontrò la resistenza delle Divisioni francesi, che poterono frenare la facile avanzata. Fattosi raggiungere dalle proprie riserve nella giornata del 29, il 30 tentò l’attacco decisivo, dividendo però le sue forze, dirette parte verso la Luce, parte verso l’Avre e parte fra Montdidier e Matz. Questa suddivisione di attacchi permise ai francesi, accorrenti, di trattenere l’avversario e di potere così ricongiungersi con la destra inglese nella valle della Luce.

Il 31 marzo la 18a Armata, pur avendo stabilito una vasta testa di ponte sulla sinistra dell’Avre da Montdidier a Moreuil, rinunciò, perché stanca, a sfruttare il successo. Quando il 4 aprile l’attacco fu ripreso, gl’Inglesi avevano già avuto tempo di ricostituire il loro fronte. Così, il 5, il Comando tedesco dovette riconoscere che la strada di Amiens ormai era chiusa, ed ordinò che il gruppo di eserciti del nord (Kronprinz di Baviera) iniziasse l’offensiva nelle Fiandre fra Ypres e Lens.

Questa offensiva segnò la 3a fase della battaglia ed ebbe inizio il 9 aprile.

Il terreno era favorevole all’attacco perché, non avendo piovuto, esso era ben consistente, ma oltre a ciò in questo settore la difesa inglese era meno valida sia perché erano state tolte parecchie divisioni mandate a sud per sostituire quelle battute della 5a Armata, sia perché le divisioni più provate venivano qui a ricostituirsi. La presenza infine in questo settore di due Divisioni portoghesi, solo adatte alla occupazione di settori difensivi, permetteva di avere buone speranze di successo.

La 6a Armata (Gen. v. Quast) attaccò fra il canale della Bassée e Armentier su di una fronte di 15 Km. con 9 Divisioni: riusci a sorprendere gli Anglo – Portoghesi ed a procedere, determinando una sacca che si estese sino alla Lys.

Il 10 aprile, con altre 5 Divisioni I’attacco fu diretto a nord della Lys sino a Wytchaete. A sera, sorpassata la Lys, il Comando tedesco sperò di riuscire a far cadere da nord – ovest il fronte anglo -belga fra Ypres ed il mare, aprendo così per S. Omer la via di Calais.

Dall’ 11 aprile ebbe inizio lo spostamento verso nord delle riserve necessarie sul nuovo campo di battaglia. Ma era già tardi. I rinforzi inglesi e francesi accorrevano con uguale celerità, abbarbicandosi disperatamente a nord, alla cosiddetta linea delle alture (monte Kemmel – monte Nero) a sud, alla foresta di Dieppe. L’ attacco veniva così strozzato.

Per evitare un insuccesso il Kronprinz di Baviera tentò un nuovo, vigoroso sforzo contro la regione delle alture; ma gli attacchi della 6a e della 4a Armata fra il 25 e 29 aprile, ad onta dei vantaggi conseguiti, non diedero il risultato sperato.

Il Comando Supremo ordinò allora che l’operazione fosse sospesa: anche sulla strada di Calais come già su quella di Amiens, il volere insistere era fare il gioco dell’avversario: le perdite erano ingenti, specie in ufficiali: oltre i 2/3 delle divisioni presenti sul teatro occidentale avevano preso parte alle battaglie; parecchie erano state impegnate due volte. Occorreva inoltre organizzare il terreno conquistato e assicurare il funzionamento dei servizi. Se il risultato grandioso sperato non era stato conseguito, Hindenburg e Ludendorff ritenevano di già aver ottenuto, un brillante successo, avendo scosso profondamente l’esercito inglese, che aveva perso circa 300 mila uomini e parecchie centinaia di cannoni, ciò che significava aver messo pure in critica situazione quello francese, che aveva dovuto estendere di oltre 120 Km. a nord la sua linea per riunire saldamente il proprio fronte con quello inglese.

 

Nella battaglia il Comando francese riuscì a spostare in tempo le sue riserve. Data la grave situazione determinata dalla rotta della 5a Armata inglese, il gen. Pétain diede gli ordini opportuni per costituire fra Oise e Somme un gruppo di Armate di riserva composto delle armate 1a e 3a.

Poiché la materiale esecuzione di questi ordini richiedeva alcuni giorni di tempo, il Pétain volle provvedere subito a coprire direttamente Parigi sulle due rive dell’Oise, tanto più che gli inglesi, sconcertati dalla rotta della 5a Armata, si preoccupavano di coprire le basi marittime ed il Passo di Calais.

Queste contrarie tendenze venivano così a favorire la manovra tedesca, giacché invece di riunirsi, le forze franco – inglesi, venivano maggiormente a separarsi. Si rese così necessaria la convocazione di un consiglio, tenuto il 26 marzo a Doullens, in seguito al quale i governi di Parigi e di Londra affidarono al Presidente del Comitato interalleato di Versailles il compito di coordinare l’azione delle Armate alleate sulla fronte occidentale. Si avvicinava la realizzazione del comando unico.

Il 1° aprile infatti, il «coordinatore» scriveva al presidente Consiglio francese: “più che dirigere, il mio compito si riduce a persuadere i comandanti in capo delle armate. Se si vuole otte-nere un successo contro i tedeschi occorre una vera e propria direzione superiore”. La gravità del momento doveva affrettare la definitiva decisione, giacché qualche giorno appresso, mentre il Kronprinz di Baviera cercava di avanzare su Calais, il problema del Comando unico trovava finalmente la sua soluzione. il 14 aprile infatti, il Generale Foch era nominato comandante in capo delle forze alleate in Francia.

Grazie alle deliberazioni del Consiglio di Doullens, la battaglia però, fin dal 26 marzo aveva avuto un indirizzo ed un impulso. Da allora infatti fu adottato il concetto di non cedere troppo facilmente al nemico il terreno nella zona di rottura, ma di opporgli resistenza decisa ed accanita, si evitò che i tedeschi potessero aumentare la separazione iniziale fra le forze francesi ed inglesi e si provvide a raccogliere subito una forte massa di manovra.

 

Per attuare questi concetti, in modo da passare al più presto alla controffensiva, francesi ed inglesi fecero subito affluire le Divisioni, destinate come riserva generale della intera fronte, i primi a nord-ovest di Beauvais ed i secondi a nord di Amiens.

Il Generale Pétain oltre a destinare alla riserva generale due Armate, la 5a e la 10a, richiamata subito dalla fronte italiana, forti complessivamente di 12 Divisioni, provvedeva a raccogliere fra Somme e Oise, per un’azione diretta a fermare l’invasione, altre 28 Divisioni.

Il Gen. Pétain aveva dunque subito provveduto a parare verso nord, con pronta azione e con larghezza di mezzi. Il 7 aprile erano infatti raccolte verso Nord 44 Divisioni tolte in gran parte dal settore fra Oise e Svizzera. Le disposizioni del Pétain per la loro grandiosità e per la celerità con cui furono attuate costituiscono uno dei principali fattori ai quali è dovuto il fallimento della prima offensiva tedesca.

Mentre pronta ed efficace si manifestava la cooperazione americana e belga, liberando parte delle forze franco – inglesi nei settori più tranquilli, I’ esercito italiano, con grande slancio, offriva alla Francia il concorso di un Corpo d’Armata di 2 Divisioni. Veniva data così dall’ Italia prova sicura ed evidente della sua schietta e spontanea partecipazione alla lotta in tutti i teatri per il trionfo della causa di tutti gli alleati. Concorso veramente importante e disinteressato se si considera che, dopo aver perduto l’appoggio di 6 Divisioni alleate, già ritornate in Francia a fine marzo, essa ne distoglieva altre due proprio quando le notizie di un prossimo attacco austro-ungarico sulla fronte nostra si andavano facendo più insistenti e precise.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La seconda offensiva tedesca.

Riferendo sulla offensiva di Piccardia il Generale Ludendorff conclude (1): «Questa battaglia fu un’azione molto brillante: noi riuscimmo infatti a conseguire quel risultato cui avevano teso invano francesi ed inglesi: e ciò dopo quattro anni di guerra».

Senza dubbio il risultato era stato importante; ma esso non costituì però ancora la decisione. Si imponeva perciò, dopo il primo colpo, volendo conservare l’iniziativa delle operazioni, di preparare subito il secondo. Ora, continuare l’offensiva contro gli inglesi nella regione di Ypres – Bailleul, sarebbe stato senza dubbio assai vantaggioso, ma oramai l’avversario aveva fatto accorrere tante riserve in quel settore, che era necessario attaccare prima un’altra zona per cercare di sguarnirlo, e questa zona non poteva essere che il settore della Somme, per il fatto che molto difficile sarebbe stato nascondere al nemico i preparativi della nuova azione. Ora poiché per correre nelle Fiandre verso Ypres i francesi avevano indebolito la regione fra Oise e Reims destinandovi alcune divisioni inglesi già provate dalla difficile lotta, così fu deciso di attaccare la posizione dello Chemin des Dames, che sembrava essere in quel momento il punto debole nemico.

L’operazione fu affidata al Kronprinz imperiale, che doveva attaccare con 3 Armate, in totale 60 Divisioni; dirigendo fra Oisé e la linea Berry – au Bac – Ville en Tardenois la 7°, contro Reims la 1a e fra Oise e Montdidier la 18a.

Il Kronprinz di Baviera avrebbe dovuto intanto affrettare i preparativi per un nuovo attacco nelle Fiandre.

Confrontato con quello del 21 marzo questo progetto di operazioni è assai più modesto nei suoi obiettivi. L’ offensiva di marzo era stata concepita come una corsa in avanti, ma il Comando era stato incapace a guidarla per il raggiungimento di risultati strategici. Le perdite subite avevano poi reso necessario intaccare le riserve della classe 1919 e sciogliere alcuni reggimenti. Occorreva perciò andar cauti, tanto più che i tentativi inglesi per imbottigliare le basi dei sottomarini, a Zeebrugge e ad Ostenda, effettuati il 23 aprile ed il 9 maggio, avevano avuto una seria ripercussione sul normale svolgersi della guerra sottomarina. Si sperava però che a facilitare il successo tedesco avrebbe servito I’ offensiva studiata

 

 

 

 

  • LUDENDORFF, I miei ricordi di guerra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

dal Comando austro-ungarico e che doveva svolgersi quasi contemporaneamente sulla fronte italiana (1).

Il 27 maggio I’ offensiva tedesca ebbe inizio. Dopo preparazione di artiglieria, effettuata in gran parte con proiettili a gas, alle ore 3.40 le truppe mossero all’attacco. La sorpresa nella linea francese, tenuta dalla 6a Armata composta di 15 Divisioni franco-inglesi, fu completa. Il comando francese dovette perciò limitare l’opera sua a ridurne gli effetti: e per dar tempo alle riserve di accorrere, la 6a Armata ricevette ordine di sostenersi alla meglio sul posto, regolando la propria azione in base alle direttive emanate in dicembre ed in gennaio.

Questa Armata non seppe però porre in atto le istruzioni ricevute: la sua contropreparazione fu tardiva, e venne perciò dominata dal tiro di controbatteria tedesco. Essa poi si accanì nella difesa della prima posizione fra l’Ailette e lo Chemin des Dames e così le Divisioni di 1a linea, schierate in una regione intensamente battuta, furono schiacciate dalla massa delle forze attaccanti. Elementi delle Divisioni di 2a linea tentarono di portarsi a sostegno di quelle di 1a linea, ma furono travolte, per modo che abbandonarono le posizioni dell’Aisne lasciando i ponti intatti. La rotta della 6a Armata costrinse così il comando francese ad impiegare per i tamponamenti d’urgenza le prime divisioni arrivate, che accorsero a scaglioni e senza coesione sulla linea di fuoco.

Il successo tedesco aveva dunque sorpassato le più rosee speranze. Il 27 sera il centro tedesco era infatti giunto alla Vesle che passava il 28. L’indomani l’avanzata veniva ripresa in due direzioni: verso S. O. per raggiungere e oltrepassare Soissons marciando su Parigi, verso S. per portarsi a sud della Marna allo scopo di intercettare la strada ferrata Parigi – Nancy. Contemporaneamente venivano sferrati attacchi di ala ad Ovest verso la bassa Ailette, ad Est contro Reims.

Fra il 30 maggio ed il 4 giugno I’ avanzata poté formare la sacca di Chateau Thierry. Se la corsa alla Marna era riuscita, non ebbero però fortuna i tentativi fatti per passare sulla riva sinistra del fiume. La resistenza francese costrinse perciò il Comando tedesco a tentare di riprendere l’avanzata a Nord con le Armate del v. Hutier.

 

 

 

  • Vedasi Capitolo 25′

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’attacco della 18a Armata avrebbe dovuto effettuarsi il 7, ma il mancato arrivo di alcune batterie lo fece ritardare sino al giorno 9. L’ avanzata ebbe inizio con 18 Divisioni in 1a linea su di una fronte di 35 Km. fra Montdidier e I’ Oise. Ad onta della contromanovra degli alleati il v. Hutier, per quanto trattenuto alle ali, riuscì a progredire col centro di oltre 8 Km., raggiungendo il giorno 10 la valle dell’Aronde, respingendo i francesi anche sulla riva sinistra dell’Oise.

L’energico contrattacco sviluppato da 4 Divisioni francesi, appoggiate da circa 170 carri di assalto, in direzione di Tricot, sul fianco destro tedesco, riesci a fermare l’avanzata. Erano queste le ultime divisioni fresche che il gen. Pétain aveva potuto raccogliere la notte precedente e dalle quali si aspettava un effetto di sorpresa, più morale che materiale. L’ala destra tedesca dovette così retrocedere disordinatamente, abbandonando la linea dell’Aronde ed alcuni cannoni.

Alle 18 Divisioni del v. Hutier i francesi erano riusciti quasi miracolosamente a contrapporne 15. L’equivalenza delle forze consigliava quindi un temporaneo arresto.

La seconda offensiva tedesca era finita: fra Reims e Compiègne le divisioni erano audacemente riuscite a portarsi a 50 Km. da Parigi!

Ma l’opera non era compiuta: occorreva, come per la prima offensiva, completarla. Ed in questa nuova dilazione della decisione era la sua debolezza.

Il 15 giugno, appena il cannone veniva a tacere sulla fronte francese, il bombardamento aveva inizio su quella italiana. Ma la difesa valorosa e salda, respinti gli attacchi austro – ungarici sulla fronte montana, riusci a contenere sul Piave gli sforzi poderosi del Boroevic. La battaglia del Piave, durata sino ai primi di luglio, evitando lo spostamento delle divisioni a. u. richieste dal Luden-dorff per il fronte francese, segnò con la vittoria delle armi italiane una nuova partecipazione alla lotta comune, per il trionfo della causa di tutti gli alleati.

 

La terza offensiva tedesca e la controffensiva alleata.

La vittoria italiana del Piave (che così gravi perdite arrecò all’ esercito a. u. e tanto profondamente scosse la fiducia della intera nazione, che sempre più persuasa della infelice fine della guerra, commentava severamente, anche in Parlamento, le cause della sconfitta), aveva profondamente turbato il Comando tedesco, oramai persuaso che solo sulle sue forze, per quanto provate, poteva ancora fare affidamento.

L’ esercito a. u. riuscì infatti ad inviare sul fronte difensivo della Lorena due sole Divisioni, dovendo lasciare intatto lo schieramento difensivo sulla fronte italiana, dove intenzione del nostro Comando, di passare al più presto alla controffensiva, appariva manifesta.

II 14 luglio, delle 238 Divisioni disponibili, la Germania ne aveva 296 sul teatro franco – belga, oltre alle due a. u. sopra accennate. Di queste 206 Divisioni 81 erano in riserva, ma fra esse solo 65 erano fresche, cioè in grado di attaccare.

Se le forze erano ancora ingenti, la loro qualità lasciava però a desiderare: la truppa infatti già dubitava della utilità dei suoi sacrifici perché, ad onta dei successi tattici ottenuti, ancora una volta la decisione non era stata ottenuta. Per di più poi, di fronte ad un avversario che riceveva ogni settimana migliaia di soldati americani, e per il quale il problema del numero non costituiva più una preoccupazione, I’ esercito tedesco si trovava costretto a risparmiare e sfruttare al massimo le sue risorse umane (1). Tale situazione era poi aggravata dalla crisi dei trasporti e dal difficilissimo problema alimentare.

A tutte queste deficienze, che la propaganda dell’Intesa provvedeva a sfruttare abilmente a proprio vantaggio, si aggiungeva poi la scarsa fiducia dei pubblici poteri nella vittoria, essendo chiaro ormai che la guerra non avrebbe più potuto trovare sul campo di battaglia un esito favorevole pei tedeschi.

Nei suoi Ricordi di guerra, il Generale Ludendorff confessa che in questa difficile situazione egli si prospettò più volte se era conveniente o meno di restare sulla difensiva strategica, ma che, essenzialmente per ragioni morali, il Comando tedesco insistette nel concetto offensivo.

Stabilito ciò occorreva scegliere però il settore più conveniente per la nuova irruzione. Molto opportuno parve dapprima il progetto di attaccare in Fiandra, giacché i francesi avevano lasciato questo settore; però le riserve inglesi vi erano rimaste numerose. Conveniva perciò aspettare. Invece, poiché la maggior parte della

 

 

 

  • Ad onta di ciò la forza delle compagnie non riuscì a superare la cifra di 😯 u.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

massa di manovra avversaria risultava spostata fra l’Oise e la Marna, e la linea fra Chàteau Thierry e Verdun era assai debolmente occupata, il Comando tedesco decise di portare il suo nuovo e decisivo sforzo su questo settore.

L’ottimismo del Generale Ludendorff vedeva già libera la 7a Armata dalla stretta della sacca di Chàteau Thierry, la fronte avversaria indebolita in Fiandra, ciò che avrebbe permesso di inviare subito al Kronprinz di Baviera rinforzi di artiglieria, velivoli, truppe, riuscendo così in poco più di 15 giorni a dare la battaglia finale in vicinanza di Calais.

I preparativi per questa terza offensiva furono identici a quelli fatti prima del 21 marzo e del 27 maggio. Le forze furono raccolte in due masse: una agli ordini del Kronprinz di Germania, forte di circa 60 Divisioni, destinate ad attaccare da Reims, in direzione di Epernay; l’altra agli ordini del Kronprinz di Baviera, forte di circa 35 Divisioni, riposate e riorganizzate, pronte ad iniziare la battaglia finale nelle Fiandre.

 

Anche da parte alleata era intanto proceduta attivamente la preparazione per respingere il nuovo probabile attacco.

Alla fine della seconda offensiva tedesca, le forze francesi ad Ovest delle Argonne erano ripartite in due gruppi di Armate e in sei Armate:

dalla Somme all’Ourcq — il gruppo Armate di riserva (1a, 3a e 10a A.);

dall’Ourcq alle Argonne — il gruppo armate del Nord (6a, 5a e 4a A.).

Di fronte ad esse il solo gruppo del Kronprinz di Germania, su 4 Armate. Una trentina di Divisioni tedesche era però intasata nella sacca di Chàteau Thierry; divisioni che per i propri rifornimenti e gli sgomberi disponevano della sola linea ferroviaria: Laon – Fére -en -Tardenois. Se i francesi avessero potuto avanzare su Soissons o su Fismes, anche limitando il loro risultato a tenere sotto il fuoco questa linea ferroviaria, essi avrebbero però sempre conseguito un importante successo strategico, giacché l’offensiva tedesca su Chàteau Thierry sarebbe stata strozzata dal difficile e limitato funzionamento dei servizi.

Per tali ragioni il Gen. Foch ordinò che fossero studiate e preparate alcune azioni locali da effettuarsi sul saliente nemico, e che venisse inoltre predisposto un complesso di operazioni offensive da attuarsi quando la situazione generale lo avesse permesso, allo scopo di riprendere l’iniziativa strategica. Perché poi gli animi e gli intelletti fossero preparati alle nuove esigenze della guerra di movimento ordinò, il 27 giugno, che venisse attivamente ripresa l’istruzione offensiva dei quadri e delle truppe. Contemporaneamente poi, per parare alla nuova offensiva nemica, provvedeva, giovandosi delle divisioni americane, a ridare elasticità al dispositivo di difesa, profondamente sconvolto, ed a raccogliere convenientemente le riserve strategiche. Intanto veniva precisato, sulla base delle varie informazioni, che l’offensiva si sarebbe svolta verso il 15 luglio in Champagne e nella zona di Reims.

Fu perciò disposto senz’ altro per la preparazione di una battaglia difensiva-offensiva: l’attacco che la 10a Armata (Gen. Mangin) doveva sferrare fra Aisne e Ourcq, per ridurre il saliente di Chateau Thierry, avrebbe costituito la parata più efficace all’attacco tedesco. La 4a Armata fu incaricata invece della difesa frontale, sfruttando il profondo sistema difensivo per lo sviluppo della sua azione, che doveva rinunciare alla difesa della prima linea, potentemente battuta dalle bocche da fuoco nemiche, per resistere ad oltranza su trincee comprese fra la prima e la seconda linea. La 5a Armata sulla sua sinistra, schierata su posizioni recentemente sistemate a difesa, avrebbe assicurata l’inviolabilità di quel settore.

Questi concetti venivano fissati nell’ordine del 1° luglio, in base al quale il Gen. Pétain, fedelmente interpretando il pensiero del Foch, ordinava che tre Armate: la 4a, 5a e 6a, dovessero dapprima trattenere frontalmente il nemico: poi, quando lo avessero costretto a fermarsi, doveva avere inizio la controffensiva attaccando la 10a e la 6a Armata sulle due rive dell’Ourcq, la 5a a Sud delle Vesle. Scopo minimo: impedire ai tedeschi la libera occupazione di Soissons, e allontanare ogni minaccia da Reims.

Il 14 luglio sera, le forze alleate, pronte per la battaglia fra le Argonne e l’Oise raggiungevano così il numero di 6 Divisioni di cavalleria e di 73 di fanteria delle quali: 60 francesi, 7 americane, 4 britanniche e 2 italiane.

Di queste 73 Divisioni 41 erano incaricate dell’azione difensiva fra Chàteau Thierry e le Argonne; le altre 32, sostenute da 700 batterie e 500 carri d’ assalto, costituivano la massa destinata all’ urto offensivo fra l’Oise e Chàteau Thierry.

La massa tedesca, forte di 50 divisioni, entrò in azione il 15 luglio, con i consueti sistemi di attacco.

Di fronte alla 4a Armata francese le Divisioni tedesche trovarono dapprima il vuoto, poi andarono ad urtare contro la seconda posizione francese. La sorpresa derivante dalla decisa resistenza incontrata su questa linea, per nulla scossa dalla preparazione di artiglieria, che la aveva risparmiata, fu assai grave e segnò un grave scacco per i tedeschi.

Nella zona di Reims, ove, con grande valore, combatterono pure le due Divisioni italiane (1), il nemico seppe trarre vantaggio dalla sistemazione difensiva più incompleta rispetto a quella esistente in Champagne, e riuscì a passare la Marna ed a spingersi verso Sud.

Ma il successo locale non turbò la serenità né tolse fiducia al Comando francese, che decise anzi di risolvere la crisi con I’ entrata in linea della 10a Armata. Il Comando tedesco, intanto, viste le difficoltà di procedere in Champagne e la resistenza sempre più accanita per limitare i progressi a sud della Marna, aveva ordinato la sospensione dell’avanzata e il Ludendorff si era affrettato a recarsi al quartier generale del Kronprinz di Baviera per definire gli ultimi particolari per la ripresa dell’attacco in Fiandra. Il 18 mattina, mentre questi accordi venivano fissati, egli riceveva però notizia che i francesi erano già passati all’offensiva.

Le armate 10a (Mangin) e 6a (Degoutte) erano infatti entrate in azione. La 10a con 10 Divisioni in prima linea e 6 in seconda, partita da una fronte di 27 Km., senza alcuna preparazione di artiglieria, appoggiata da un forte numero di carri d’ assalto, favoriti nella loro avanzata da una leggera foschia, riusciva a sorprendere i tedeschi. La posizione avanzata fu rotta con tale rapidità che le truppe ripieganti non riuscirono ad occupare in tempo le posizioni retrostanti: fanti francesi e carri d’assalto poterono così spingersi nella zona delle batterie, che avevano conservato il loro schieramento offensivo.

La 6a Armata con 7 Divisioni in prima linea ed 1 in seconda, partita da una fronte di 25 Km., dopo una breve preparazione di artiglieria, riusciva essa pure ad avanzare. Sicché verso sera le due armate 10a e 6a avevano progredito di circa 6 Km. Il 19 la resistenza tedesca si dimostrò più efficace del giorno precedente, reagendo contro le due Armate francesi, ma ad onta di ciò il vantaggio conseguito dagli alleati fu notevolissimo: oltre ad una avanzata complessiva di 11 Km. ed alla cattura di parecchie migliaia

 

 

 

  • Vedasi parte settima, capitolo 27°

di prigionieri, e di alcune centinaia di cannoni, poté essere raggiunta la strada Soissons-Chàteau Thierry. Il funzionamento dei servizi tedeschi fra Aisne e Marna era in tal modo gravemente compromesso, ed il Comando tedesco fu costretto ad ordinare il ripiegamento su Fere – en – Tardenois e poscia sulla Vesle.

Il 1° agosto anche questa linea era abbandonata, e gli effetti della ritirata si facevano sentire anche a nord, giacché l’insistenza degli attacchi alleati costringeva il Kronprinz di Baviera a rinunciare alla progettata offensiva nelle Fiandre e ad impiegare le proprie divisioni per far fronte alla situazione, sempre più difficile.

Così, ai primi di agosto, Hindenburg e Ludendorff dovevano rassegnarsi, ad onta dei disperati tentativi fatti per sottrarsi alla stretta avversaria, ad assumere un atteggiamento decisamente difensivo.

 

L’offensiva degli alleati.

Già sin dal 24 luglio il Foch aveva riunito al suo Quartier Generale di Chàteau de Bombon (N. E. di Melun) i comandanti in capo degli eserciti francese, inglese, americano e belga per esporre il suo punto di vista sulla situazione e sul piano di operazioni da svolgersi, occorrendo, nel 1919.

Le direttive del Foch risultano dalla «Memoria» che viene qui di seguito riportata (1). In essa, essenzialmente, il Comandante in Capo delle Armate alleate metteva in evidenza che gli alleati avevano raggiunta la superiorità numerica totale ed anche quella speciale delle riserve, in virtù del concorso americano sempre più ingente, e che questa superiorità di uomini veniva poi completata

 

 

 

(1) Memoria letta alla riunione dei Comandanti in capo degli eserciti alleati.

I.

La 5° offensiva tedesca, frantumata fin dal suo inizio, è stata, uno scacco clamoroso.

L’ offensiva presa dalle Armate francesi, 10a e 6a l’ha trasformata poi in una sconfitta.

Questa sconfitta deve essere sfruttata a fondo sul terreno della battaglia: è lo scopo a cui tendiamo; perciò gli attacchi devono continuare senza tregua e con la più grande energia.

Ma le sue conseguenze vanno molto al di là di questa battaglia.

 

II.

 

La disfatta del nemico segna poi l’attitudine generale che devono prendere gli eserciti alleati.

Difatti oggi:

Senza che la superiorità sia ancora da parte nostra, nel numero delle divisioni di fanteria, noi abbiamo già raggiunto almeno I’ uguaglianza nel numero dei battaglioni e in via più generale, nel numero dei combattenti

Per la prima volta, a causa della quantità di divisioni che i tedeschi sono stati costretti ad impegnare, noi abbiamo la superiorità numerica delle riserve: a causa poi del forte numero di divisioni provate che i tedeschi saranno obbligati di cambiare sul fronte della battaglia, noi avremo anche, fra breve, la superiorità del numero di riserve fresche.

D’altra parte, tutte le informazioni concordano nel segnalarci un nemico ridotto ad avere due eserciti: un esercito di occupazione, sacrificato, senza effettivi, mantenuto a lungo sul fronte: e, manovrante dietro questa fragile facciata, un esercito di urto, oggetto di tutte le cure del Comando Supremo tedesco, ma già fortemente demoralizzato.

Di più, una superiorità materiale indiscutibile si trova da parte degli alleati, in aviazione e in carri d’ assalto. In artiglieria la superiorità ancora minima, è destinata a crescere, man mano che giungerà l’artiglieria americana.

Infine, nelle retrovie, da parte degli Alleati, la grandiosa riserva di forze dell’America riversa ogni mese 250.000 uomini in Francia: da parte avversaria sappiamo le misure eccezionali che sono state prese per far fronte alla crisi degli effettivi del mese di maggio, e le difficoltà che i nostri nemici incontrano per mantenere a numero gli effettivi delle varie unità. Una nuova crisi è perciò manifesta.

A tutte queste constatazioni che riassumono la «forza materiale» si deve aggiungere l’ascendente morale da noi conservato fin dal principio della battaglia. Giacché il nemico non ha potuto, malgrado tutti gli sforzi, ottenere il risultato decisivo che gli era necessario, ascendente morale accresciuto oggi dalla vittoria riportata dagli eserciti alleati.

Gli eserciti alleati arrivano quindi alla svolta del cammino: in piena battaglia essi hanno ripreso l’iniziativa delle operazioni, la loro forza permette loro di mantenerla, i principii della guerra comandano loro di farlo.

È venuto il momento di lasciare l’attitudine difensiva imposta fino ad oggi dall’ inferiorità numerica e di passare all’ offensiva.

III.

Senza ricercare una decisione, questa offensiva, con una serie di azioni da intraprendere fin d’ora, tenderà a dei risultati utili:

  1. allo sviluppo ulteriore delle operazioni;
  2. alla vita economica del paese, ed essa manterrà agli alleati l’iniziativa della battaglia.

Queste azioni devono poter essere eseguite in condizioni di rapidità tali che permettano di colpire il nemico con colpi ripetuti, questa condizione ne limita necessariamente la ampiezza, che è poi ancora diminuita, dal numero ridotto di unità, di cui potranno disporre, per l’offensiva, gli eserciti alleati, dopo 4 mesi di battaglia.

Tenendo conto di queste considerazioni, il programma delle prossime azioni offensive è stabilito come segue:

  1. Operazioni tendenti a disimpegnare le strade ferrate indispensabili alle nuove manovre degli eserciti alleati, perciò:
  2. a) disimpegno della ferrovia Parigi – Avricourt, nella regione della Marna, è il risultato minimo da ottenere dall’attuale offensiva;
  3. b) disimpegno della ferrovia Parigi – Amiens, con un’azione combinata degli eserciti inglesi e francesi;
  4. c) disimpegno della ferrovia Parigi – Avricourt nella regione di Commercy, con la riduzione del saliente di Saint -Mihiel (1), cooperazione da prepararsi senza indugio e da farsi dall’ esercito americano, appena esso disporrà dei mezzi necessari.
  5. Operazioni aventi per scopo di disimpegnare la regione delle miniere del nord, e di allontanare definitivamente il nemico dalla regione di Dunkerque e di Calais.

Queste operazioni comprendono due attacchi, che si possono eseguire o separatamente o collegati uno all’altro.

Come è stato detto più sopra, queste azioni sono da farsi a breve inter-vallo, in modo da disturbare il nemico nel giuoco delle sue riserve e da non lasciargli il tempo di ricostituire le sue unità.

Esse devono essere potentemente dotate di tutti i mezzi necessari, in modo da riuscire sicuramente.

Esse devono realizzare, a qualunque costo, la sorpresa. Le ultime operazioni dimostrano che questa è una condizione indispensabile per il successo.

IV.

Fin dove ci condurranno, nel tempo e nello spazio, le diverse operazioni descritte più sopra, è impossibile prevedere fin d’ora. Tuttavia, se i risultati a cui mirano sono raggiunti prima che la stagione sia troppo avanzata, si può già oggi prevedere, per la fine dell’estate o per l’autunno, un’offensiva importante, in modo da aumentare i nostri vantaggi e non lasciare tregua al nemico.

E’ ancora troppo presto per poterla determinare in modo più preciso.

 

V.

Bisogna infine prevedere che, durante il corso di queste operazioni, il nemico, per sfuggire alla stretta, o per non sciupare i suoi effettivi, può essere indotto ad eseguire dei ripiegamenti successivi su delle linee più corte, preparate precedentemente.

Queste manovre non devono sorprendere gli eserciti Alleati.

Bisogna dunque, in ogni esercito:

— determinare i possibili ripiegamenti, con lo studio del tracciato delle organizzazioni delle retrovie del nemico;

— sorvegliare il nemico per raccogliere tutti gli indizi di ripiegamento;

—  preparare tutte le azioni necessarie perché esso non possa eseguire le sue manovre secondo i progetti stabiliti.

F.to Foch.

 

  • Questa operazione, senza parlare della vantaggiosa riduzione della fronte, che essa poeterebbe alle due parti, ci mette a portata della regione di Briey, e ci dà modo di agire in grande stile fra Mosa e Mosella, ciò che può diventare quanto prima necessario

 

 

da un numero di aeroplani e di carri d’ assalto assai superiore a quelli di cui disponeva il nemico. Era perciò necessario abbandonare il contegno difensivo fino ad allora imposto dalla deficienza numerica dei primi mesi del 1918 e passare invece all’ offesa.

Come prima operazione il Foch precisava la convenienza di togliere qualsiasi minaccia su Parigi, mediante azioni dirette sul saliente di Piccardia. In seguito si doveva provvedere mediante offensive parziali, ad eliminare o almeno a ridurre i vari salienti esistenti nella linea, quali quelli fra Compiègne e Reims, fra Verdun e Nancy, fra Arras e l’Oise, ecc. Infine se la stagione lo avesse permesso, doveva esser iniziata una grande offensiva di insieme per completare i vantaggi ottenuti con le azioni parziali e incalzando il nemico, ottenerne la disfatta.

Così neppure quindici giorni dopo, i tedeschi erano attaccati su tutto il fronte dall’Ancre all’ Oise dalla 4a Armata britannica, e dalla 1a e 3a francese. La battaglia contro il saliente di Montdidier costituì un brillante successo alleato. I preparativi furono tenuti nascosti con ogni cura; favoriti poi da fitta nebbia, aumentata artificialmente, gli inglesi, nel loro attacco del giorno 8 agosto, sorpresero completamente il nemico. Il nuovo tipo di tank adoperato in questa battaglia, assai più rapido e pratico di quello adoperato a Cambrai (1) impressionò fortemente i fanti tedeschi. Molti furono i prigionieri. La sorpresa permise così la celere avanzata con successo insperato, tanto che a sera veniva passata la linea Harbonnières – Caix – Le Quésnel. Il 9 la profondità di avanzata superava i 15 km.: i prigionieri erano saliti a cifre impressionanti, i cannoni catturati superavano i 300. Scrive il Ludendorff (2): «la situazione era veramente critica, tanto che fu necessario ripiegare la destra della 18a Armata. Per fortuna il 9 agosto il nemico difettò di mezzi e non attaccò con grande vigore, perché altrimenti avrebbe potuto conseguire una grande vittoria».

Il 10 la destra della 10a Armata francese mosse a sua volta all’ attacco, aggirando ed occupando Montdidier, mentre fra Courcelles e l’Oise la 3a Armata, entrata pure in linea, determinava il ripiegamento del v. Hutier.

Perduto il saliente di Montdidier i tedeschi si aggrapparono alla antica linea di difesa Roye-Lassigny.

 

 

 

(1)        Vedasi parte quinta, Capitolo 18°.

(2)           LUDENDORFF, I miei ricordi di guerra.

 

 

 

 

 

 

Il 15 agosto le truppe tedesche venivano riportate sulle posizioni tenute durante la battaglia della Somme (1), e così gli alleati toglievano loro tutti i vantaggi conseguiti nell’avanzata di primavera. Le operazioni sfortunate acceleravano intanto il logorio delle divisioni tedesche: dal 15 luglio, infatti, erano già state impegnate 20 Divisioni, fatto questo che induceva il Foch a non dare tregua al nemico ma ad insistere anzi perché non potesse riprendersi. Fu perciò provveduto ad una serie di attacchi separati, ma destinati a succedersi il più rapidamente possibile su tutta la fronte, da effettuarsi di sorpresa e da sfruttarsi in modo conveniente, cioè fino a quando il nemico non avesse opposto una decisa resistenza.

In questo modo la 10a Armata francese poté, dal 18 agosto al 18 settembre, raggiungere prima Ailette poi l’Aisne, gli inglesi si portarono a contatto della linea di Hindenburg e le forze americane, nella prima offensiva da loro sferrata, riuscirono a ridurre il saliente di St. Mihiel.

Il 15 settembre le Divisioni tedesche impegnate dal 15 luglio in poi, raggiungevano il numero di 163, delle quali 75 erano state impiegate due ed anche tre volte. Oltre a ciò 16 Divisioni erano state sciolte, e la crescente deficienza di effettivi aveva reso necessaria in molti battaglioni la riduzione del numero delle compagnie da quattro a tre. Parecchi documenti catturati durante le operazioni confermavano che i reparti tedeschi erano sfiniti e sottoposti ad un logorio fortissimo. Il Comando tedesco si trovò perciò costretto, dopo aver rinculato sulla linea di Sigfrido, a preparare un’altra linea di difesa: la Anversa-Mosa. Sacrificando terreno Hindenburg e Ludendorff speravano di poter guadagnare il tempo indispensabile per riordinare le forze e rinsaldare il morale dei combattenti.

Ma la sosta sulla linea di Sigfrido, la speranza di iniziare trattative di pace, la superiorità di volontà tedesca, non erano che vane illusioni perché gli alleati continuavano regolarmente la loro azione, dando alla battaglia la caratteristica di una azione di ampiezza sempre maggiore e di continuità incessante, guidata con convergenza di sforzi. Questa battaglia non si limitava più al solo teatro francese, ma si estendeva a tutti i teatri di guerra, dove gli alleati, ben compresi della loro responsabilità e dei loro compiti, provvedevano ad iniziare operazioni decisive allo scopo di affrettare la fine della guerra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Vedasi parte quarta, Capitolo 13°.

 

 

 

 

 

 

Così l’Italia, ricostituite le sue unità, fortemente provate, dopo, la vittoria del Piave, veniva ora attivamente preparando la nuova battaglia che, colpendo al cuore l’esercito a. u., doveva, il 4 novembre por fine alle operazioni sul fronte italiano e decidere in pochi giorni le sorti della guerra mondiale.

Sulla fronte francese l’urgenza di ottenere con una grande battaglia la vittoria nel 1918 spingeva il Foch a ordinare tre grandi operazioni convergenti, da iniziarsi contemporaneamente, e precisamente:

— un’offensiva fra la Mosa e la Suippe a cavallo delle Argonne, in direzione generale di     Mezières, affidata all’ esercito americano ed alla 4a Armata francese;

  • una azione fra Arras e Reims da condursi dalle Armate 1a, la e 4a inglesi e dalla 1a Armata francese sulla fronte Cambrai – S. Quintino, col compito di rompere la linea di Sigfrido. A sud avrebbero operato sull’Ailette e sull’Aisne la 10a e la 5a Armata francese assieme al II Corpo d’ Armata italiano (1);
  • un’offensiva nelle Fiandre, tendente alla conquista della cresta Clerken- Passchendaele ed alla liberazione da qualsiasi minaccia di Lilla e della costa, da effettuarsi dalle Divisioni belghe, da quelle inglesi, dalla 2a Armata e dalle Divisioni francesi dell’Armata delle Fiandre, poste tutte agli ordini del Re del Belgio.

Queste operazioni avevano inizio fra il 26 ed il 29 settembre, quando già la Quadruplice aveva subito in Oriente gravissimi rovesci. Fra il 15 ed il 25 settembre, infatti, il fronte germano-bulgaro in Macedonia era stato rotto dall’impetuoso attacco dell’Armata d’Oriente (2); fra il 19 ed il 21 in Palestina gli inglesi avevano travolta la difesa turca (3); così la Bulgaria era costretta a firmare l’armistizio, mentre la Turchia invocava disperatamente aiuti.

Gravi erano perciò le condizioni degli Imperi Centrali, nel momento in cui aveva inizio l’azione concentrica delle forze dell’Intesa sul territorio francese. Con l’impeto audace e fidente di un esercito fresco e anelante di riconquistare il proprio paese, le forze agli ordini del Re del Belgio conquistarono in due giorni le alture delle Fiandre. Gli inglesi in un tenace e magnifico sforzo in 14 giorni riuscirono ad occupare la linea di Sigfrido da Cambrai a

 

 

 

 

 

 

 

(1)           Vedasi parte settima, Capitolo 27°.

(2)           Vedasi Capitolo 24°.

(3)           Vedasi parte settima, Capitolo 28°.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  1. Quintino. L’offensiva franco-americana della Champagne-Argonne ad onta di notevoli successi locali non riuscì però a proseguire, sicché essa segnò uno scacco strategico.

Il 10 ottobre il Foch ordinò la continuazione degli attacchi a nord e a sud di Lilla fino alla Mosa. Dal 14 al 18, cedendo al nuovo sforzo, i tedeschi abbandonarono la costa e Lilla ripiegando verso est. Se essi erano stanchi lo erano pure le Armate alleate: la loro bravura permise loro però, pur cedendo terreno, di evitare la rottura della fronte.

Se l’edificio militare tedesco era ancora saldo e riusciva ad imporsi al nemico, esso nascondeva però un governo vacillante ed una marea rivoluzionaria, che tendeva a salire, causa il tormento e la sfiducia della nazione. Il fallimento della grande offensiva aveva infatti decisamente scosso l’opinione pubblica che si rivoltava, ormai, contro coloro che, dopo tante promesse, non avevano data la vittoria.

Il 14 agosto ad una conferenza a cui parteciparono l’Imperatore, Hindenburg, il Cancelliere e il Gen. Ludendorff, quest’ ultimo espresse la sua fiducia di poter resistere sulla linea di Sigfrido, coi fianchi coperti in Italia e in Macedonia, ma insistette sulla convenienza di iniziare, subito, trattative per la pace.

La crisi era vicina. Il 14 settembre, infatti, Vienna, senza accordi con Berlino, sordo sempre a qualsiasi proposta del genere, faceva pervenire direttamente ai belligeranti la proposta di trattare la pace in un paese neutro.

Il 29 settembre l’abbandono bulgaro induceva il Comando tedesco a consigliare all’Imperatore la necessità di trasmettere al presidente Wilson ed alle principali potenze dell’Intesa immediate proposte di pace.

Il 15 ottobre il Wilson rispondeva, facendo conoscere le basi per le trattative: sgombero immediato dei territori occupati, sospensione della guerra sottomarina, disarmo e mutamento di regime in Germania. Queste condizioni furono però in Germania giudicate troppo gravose, tanto che il Comando Supremo tedesco, ritenendo migliorata la situazione militare, propose di fare uno sforzo supremo. Ma quest’appello disperato alla nazione rimase inascoltato, perché, mentre l’esercito lottava per salvare I’ onore del Paese, governo e popolo erano ormai decisi a subire una fine anche obbrobriosa, piuttosto che I’ obbrobrio senza la fine.

Queste condizioni dello spirito interno dovevano sinistramente influire sulle Divisioni, che, ritirandosi, lentamente, trattenevano le truppe alleate nella avanzata che si veniva compiendo secondo le ultime direttive del Foch. Il 19 infatti aveva avuto inizio la 3a offensiva generale dal mare alla Mosa. Tra il 20 ottobre ed il 3 novembre, inglesi, francesi, belgi, americani ed italiani, si spingevano così verso est, alle calcagna del nemico deciso ormai a ripiegare fra la Schelda e la Mosa.

Sulla fronte italiana, intanto, l’ardita e geniale manovra del nostro Comando era riuscita a rompere il fronte a. u. nella pianura Veneta ed a separare le Armate del Piave da quelle del Trentino. Il 3 novembre l’Austria – Ungheria capitolava, aprendo da sud l’invasione della Germania. Occorreva perciò rendere decisivi i successi ottenuti. Così, mentre l’Italia provvedeva a portarsi al Brennero, per spingersi poi in Baviera, sulla fronte francese l’avanzata continuava con successo, costringendo il 9 novembre i tedeschi ad abbandonare la riva sinistra della Mosa.

Sin dal 7 novembre il Comando Supremo tedesco aveva però chiesto al Foch, nominato maresciallo di Francia il 7 agosto, di ricevere i delegati tedeschi per trattare le basi di un armistizio. Giunti il giorno 8 mattina al Comando Supremo ed avuto cognizione delle condizioni dell’Intesa, i delegati, in seguito all’ abdicazione dell’Imperatore Guglielmo ed ai moti rivoluzionari scoppiati a Berlino, il giorno 11 firmavano i patti onerosi loro imposti (1).

Così alle ore 11 le ostilità avevano termine su tutta la fronte raggiunta dalle truppe nella loro avanzata: Canal de Terneuzen, Gand, ovest di Sotteghem Grammont — Lessines Ath — Mons est di Maubeuge Chimay — nord di Rocroy — la Mosa, da Revin a Sédan — sud di Montmédy — est di Damvillers — ovest di Etain Fresnes en Woévre — sud di Pagny sur Moselle.

La Germania aveva dovuto piegare di fronte al trionfo della causa della giustizia e della libertà, essenzialmente per l’abbandono delle potenze alleate ed in specie all’ Austria – Ungheria, oppressa dal disastro militare del suo esercito, battuto a Vittorio Veneto dalla massa delle Divisioni italiane (2). Il logorio delle forze tedesche era stato assai ingente se si pensa che delle 207 Divisioni disponibili all’inizio della battaglia, nel mese di marzo, la Germania aveva dovuto scioglierne 24, ed il giorno 11 novembre su 183 Divisioni essa ne possedeva solamente 17 in riserva. Gli alleati invece, grazie all’incessante arrivo delle Divisioni americane, disponevano, alla stessa data, di 205 Divisioni, di cui circa la metà in riserva.

Il Comando tedesco dovette dunque maneggiare, nelle ultime settimane, un esercito indebolito materialmente e moralmente, ma che volle lottare fino all’ultimo, per poter rientrare, a fronte alta ed a bandiere spiegate, nel territorio nazionale turbato dalla rivoluzione.

Questa affermazione, se suona omaggio a chi ha lottato disperatamente per cercare di evitare il disastro, ormai inevitabile, serve ad accrescere il merito dei capi, ed il valore delle truppe che, nel campo opposto, in una durissima lotta di otto mesi, tutto diedero, senza esitazione, per conseguire la vittoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(1)           Per quanto riguarda i vari trattati di pace stipulati al termine della guerra mondiale e l’attuale assetto di Europa, vedasi: GEODA, Sommario storico, pag. 293 e seguenti.

(2)           Alla Battaglia di Vittorio Veneto parteciparono:

51 Div. italiane — 3 britanniche — 2 francesi — 1 czeco slovacca, ed un Reggimento americano.